OBBLIGO DI RILIQUIDAZIONE DOPO LA SENTENZA. VA' EFFETTUATA UNA NUOVA ISCRIZIONE A RUOLO.
La sentenza definitiva emessa fa "cadere" l'iscrizione a ruolo a titolo provvisorio ed obbliga l'Ufficio alla riliquidazione dell'imposta dovuta, attraverso la formazione di una nuova iscrizione a ruolo
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SENTENZA N. 24092/2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente
Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere
Dott. MELONI Marina – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18185-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SPA;
– intimati –
nonche’ da:
(OMISSIS) SPA in persona dell’Amministratore delegato e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) con procura notarile del Not. Dr. (OMISSIS) in (OMISSIS);
– controricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giusta delega a margine, solo per (OMISSIS) procura notarile del Not. Dr. (OMISSIS) in (OMISSIS);
– controricorrenti all’incidentali –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimato –
nonche’ da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende solo per (OMISSIS) procura notarile del Not. Dr. (OMISSIS) in (OMISSIS);
– controricorrenti incidentali –
contro
(OMISSIS) SPA, AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 65/2008 della COMM. TRIB. REG. di MILANO, depositata il 05/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/10/2014 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta;
uditi per i controricorrenti gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) quest’ultimo delega Avvocato (OMISSIS) che si riportano, in particolare l’Avvocato (OMISSIS) chiede l’accoglimento del proprio ricorso incidentale, rigetto del ricorso principale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE Giovanni che ha concluso per la riunione dei ricorsi e rigetto degli stessi, principale e incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 65-42-2008, depositata il 5-6-2008 e non notificata, la commissione tributaria regionale della Lombardia ha confermato, seppur riducendo l’importo, il diritto degli eredi (OMISSIS) al rimborso di quanto pagato a seguito di un’ intimazione emessa da (OMISSIS) s.p.a., per la riscossione degli interessi di mora indicati in alcune cartelle di pagamento e per la corresponsione dell’aggio sulle cartelle dette. Per quanto rileva, la commissione tributaria regionale ha evidenziato che la pretesa era originata da avvisi di liquidazione dell’imposta di successione in morte di (OMISSIS), in relazione ai quali la commissione tributaria provinciale di Milano, con sentenza n. 138 del 2 001, passata in giudicato per mancata impugnazione, aveva riconosciuto fondati, almeno in parte, gli assunti dei contribuenti, ordinando all’ufficio di procedere alla riliquidazione dell’imposta sulla base di quanto statuito. La commissione regionale ha quindi osservato che l’avviso di liquidazione non poteva dirsi sopravvissuto alla sentenza che ne aveva statuito l’erroneita’, e non aveva implicato l’obbligo dei contribuenti di rideterminarsi al riguardo e di provvedere al relativo pagamento. Invero la richiamata sentenza n. 138-01, imponendo all’ufficio la riliquidazione dell’imposta, aveva fatto perdere all’originario avviso qualsivoglia efficacia, essendo quello tributario un giudizio di impugnazione, e non essendo stata la sentenza impugnata dall’amministrazione soccombente. Le cartelle, sulla cui base era stato intimato il pagamento di interessi e aggio, erano state del resto notificate dopo la sentenza, per la riscossione dell’imposta sulla base dell’originario e gia’ caducato avviso di liquidazione; e della sentenza non avevano tenuto conto.
A ogni modo la commissione ha ravvisato un errore nel computo della somma rimborsabile, e l’ha quindi ridotta in misura corrispondente.
Ha proposto ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate, articolando due motivi di censura.
Gli intimati hanno replicato con controricorso e hanno proposto tre motivi di ricorso incidentale.
Si e’ costituita anche (OMISSIS) s.p.a., proponendo ricorso incidentale adesivo alle censure svolte dall’amministrazione nel ricorso principale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Il ricorso principale consta di due motivi, conclusi da quesiti e rubricati come (1) violazione dei principi generali del processo tributario in tema di poteri del giudice tributario e di natura del processo, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articoli 1 e 2 in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3; e (2) insufficiente motivazione su fatto controverso (articolo 360 c.p.c., n. 5).
Il fulcro delle doglianze riguarda l’interpretazione data dalla commissione tributaria al giudicato di cui alla evocata sentenza n. 138-01.
Sostiene la ricorrente che la sentenza aveva accolto solo parzialmente il ricorso dei contribuenti per ragioni non di ordine formale e che aveva ridotto l’imposta dovuta senza espressamente dichiarare l’annullamento (parziale o meno) degli atti tributari. Conseguentemente, gli avvisi erano sopravvissuti alla decisione per le parti in cui il ricorso non era stato accolto; e dunque avevano comportato la legittimita’ delle cartelle di pagamento in proporzione delle imposte non dichiarate indebite dalla commissione tributaria provinciale e, appunto, non fatte oggetto di sgravio.
Da tale legittimita’ si sarebbe dovuta rilevare la debenza degli aggi e degli interessi di mora maturati in proporzione delle imposte ancora dovute, essendo state le imposte pagate dai contribuenti solo dopo il ricalcolo conseguente allo sgravio parziale.
2. – Occorre avvertire che alla tesi del ricorrente principale ha fatto riscontro quella – identica e fondata sugli stessi testuali motivi – di (OMISSIS) s.p.a., di cui al controricorso contenente ricorso incidentale adesivo. Il ricorso incidentale di (OMISSIS) s.p.a. e’ ammissibile in base a sez. un. n. 24627-07, cui il collegio intende dare continuita’.
In sostanza i ricorsi incidentali tardivi sono ammissibili, non solo nella versione della contro impugnazione (per la quale rileva l’articolo 334 c.p.c., comma 1), ma anche nella versione della impugnazione adesiva, le volte in cui il ricorso principale abbia messo comunque in discussione – come nel caso di specie l’assetto di interessi derivante dalla sentenza confermativa di una condanna solidale, alla quale era stata prestata acquiescenza; assetto che, se quell’impugnazione fosse accolta, potrebbe comportare, finanche in cause formalmente scindibili, una modifica delle situazioni giuridiche originariamente accettate dalla concessionaria per la riscossione.
3. – Il ricorso principale e’ tuttavia infondato. La tesi della commissione tributaria regionale e’ riassunta nella duplice considerazione (a) che il processo tributario e’ un giudizio di impugnazione e (b) che la relativa sentenza non puo’ che avere effetti nei confronti dell’atto impugnato e del relativo contenuto . Invero la commissione ha affermato che nel caso in esame la sentenza n. 138/01 oltre a ridimensionare la pretesa contenuta nell’avviso impugnato, ha imposto all’ufficio di provvedere alla riliquidazione dell’importo dovuto, facendo, in tal modo, perdere all’originario avviso di liquidazione la relativa efficacia .
Da qui ha desunto che le cartelle di pagamento, che hanno poi determinato l’intimazione relativa agli interessi di mora e all’aggio di riscossione (di cui e’ causa), in quanto notificate dopo la sentenza, avevano perso ogni validita’, visto che con esse era stata chiesta l’imposta sulla base dell’originario (e tuttavia caducato) avviso di liquidazione.
4. – La conclusione, sebbene con le precisazioni che seguono, va confermata.
Oggetto del processo tributario, atteso il meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio che lo caratterizza, non e’ l’accertamento dell’obbligazione tributaria in quanto tale, da condursi attraverso una diretta ricognizione della disciplina applicabile e dei fatti rilevanti sulla base di essa (a prescindere, cioe’, dalle risultanze dell’atto impugnato). E’ piuttosto la verifica della legittimita’ della pretesa tributaria in quanto avanzata con l’atto impugnato (v., ex multis, Cass. n. 23064-06; n. 9754-03), e alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in tale atto indicati.
Il dianzi detto principio completa il quadro della definizione del processo tributario come processo cd. di impugnazione-merito , non diretto cioe’ alla mera eliminazione dell’atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione sul rapporto in funzione sostitutiva (v. per tutte Cass. n. 26157-13; n. 13034-12; n. 13868-10; n. 25376-08).
Simile premessa rende ragione sotto due punti di vista dell’infondatezza della tesi della ricorrente. Questa afferma che il nodo cruciale della controversia risiedeva nell’interpretazione della sentenza n. 138-44-2001 della commissione tributaria provinciale di Milano, passata in giudicato, in quanto – a suo dire – quella sentenza aveva determinato la sopravvivenza delle parti degli avvisi di liquidazione per le quali il ricorso non era stato accolto.
Una simile affermazione si pone in contrasto con l’insegnamento di questa corte tratto dai principi appena ricordati, dal momento che quei principi giustificano esattamente la diversa interpretazione del titolo, dalla commissione tributaria implicitamente ritenuta merce l’assunto che, a seguito della sentenza, gli avvisi impugnati perdono la loro efficacia di atti impositivi, essendo infine i contribuenti tenuti ad adempiere l’obbligazione non gia’ nei termini derivati dagli atti, sebbene nei termini imposti dalla sentenza. Consegue che, fino alla riliquidazione demandata all’amministrazione (atteso il giudicato, non interessa qui indagare fino a che punto un simile mandato fosse giuridicamente consentito), l’obbligazione di pagamento, tratta dagli avvisi, non potevasi in modo alcuno considerare esigibile.
5. – E’ errato affermare – come invece e’ stato fatto dall’amministrazione ricorrente – che, siccome annullati solo parzialmente, gli avvisi avrebbero continuato a produrre effetti anche dopo la sentenza n. 138/44/2001 ; e non e’ condivisibile l’ulteriore consequenziale rilievo che le cartelle di pagamento, sia pure errate per eccesso, in quanto richiedenti l’intera somma indicata nell’avviso di liquidazione, erano comunque legittime per la somma risultante dall’annullamento parziale .
Il punto nodale della causa imponeva di considerare la cronologia dei fatti, i quali emergono dalla stessa esposizione della ricorrente.
Se, da un lato, risulta che la commissione tributaria provinciale di Milano, con la piu’ volte citata sentenza n. 138 del 2001, a conclusione del giudizio di impugnazione instaurato in relazione agli avvisi di accertamento dell’imposta di successione, aveva accolto le domanda dei contribuenti (a) di detrazione dell’importo di lire 8.686.051.625, relativo a titoli esenti e (b) di decurtazione dall’imponibile del 50 % dei beni cointestati ; sicche’ aveva accolto la domanda di annullamento dell’imposta globale e aveva demandato all’ufficio la riliquidazione dell’imposta dovuta in ragione della (…) decisione ; dall’altro, risulta pure che, dopo la sentenza, erano state notificate le cartelle di pagamento ancora parametrate al debito globale di cui agli avvisi di liquidazione; e che, all’esito del giudizio di impugnazione, ulteriormente promosso contro le medesime, il giudice tributario aveva condannato l’amministrazione ad adeguare le cartelle secondo il dispositivo della sentenza n. 138 del 2001. La riliquidazione dell’imposte in misura conforme al giudicato era infine avvenuta con provvedimento (detto di sgravio) del 17-12-2002, a fronte del quale i contribuenti avevano eseguito i dovuti pagamenti. Finanche allora dandosi per scontato che – come la ricorrente afferma – la concessionaria per la riscossione abbia richiesto, con le intimazioni oggetto della presente causa, il pagamento degli interessi di mora e l’aggio, sulla base di un aggiornamento contabile avente data dalla notifica delle cartelle suddette, ma attinente alle sole quote iscritte residuate dopo i provvedimenti di sgravio, nonche’ dei pagamenti registrati , resta il fatto che una tale pratica intimativa era comunque illegittima. Essa, difatti, aveva a presupposto la persistente validita’ delle cartelle medesime, mentre, in coerenza con la natura sostitutiva della sentenza del giudice tributario, le cartelle erano da ritenere caducate a seguito dell’ordine di adeguamento impartito nella sentenza emessa a conclusione del relativo giudizio. E un titolo annullato non puo’ costituire base di un’intimazione avente data dalla sua notifica, finanche ove aggiornata contabilmente sulla base delle quote residuate dopo i provvedimenti di sgravio. Viene difatti meno la legittimita’ dell’iscrizione a ruolo e, di conseguenza, l’onere di pagamento da essa derivante, ivi compreso quello relativo all’aggio. A tal riguardo e’ opportuno precisare che l’iscrizione a ruolo e’ atto della riscossione che si forma in base ai contenuti degli atti della procedura di accertamento dell’imponibile, secondo la triade dichiarazione-avviso-sentenza. In mancanza, o in difformita’ di tale accertamento, l’iscrizione a ruolo e’ illegittima. E il principio deve trovare applicazione anche laddove il contrasto in ordine all’accertamento abbia imposto l’intervento giurisdizionale. Se la definizione dell’imponibile e’ conseguente alla sentenza, l’iscrizione a ruolo, avente a presupposto l’atto amministrativo tributario, piu’ non rileva, in quanto una nuova iscrizione va effettuata in base alla sentenza, della quale statuizione deve riprodurre il contenuto.
Da qui il rigetto del ricorso principale (e del ricorso incidentale adesivo di (OMISSIS) s.p.a., che replica le censure).
6. – Eguale sorte spetta al ricorso incidentale tardivo dei contribuenti.
Il ricorso incidentale attinge, da un lato, il capo della sentenza d’appello che ha escluso la responsabilita’ processuale aggravata dell’amministrazione e, dall’altro, il capo che ha rideterminato la somma dovuta in favore degli eredi (OMISSIS) in misura inferiore alla domanda di rimborso.
Esso risulta affidato a tre motivi rubricati come:
(a) insufficiente motivazione della sentenza si fatto controverso (articolo 360 c.p.c., n. 5);
(b) vizio di ultrapetizione e violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c.;
(c) ancora insufficiente motivazione su altro profilo, ritenuto decisivo per il giudizio. E’ decisivo osservare che:
(aa) il primo motivo incoerentemente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, i profili giuridici della controversia incentrati sul quesito se sia fonte di responsabilita’ aggravata il comportamento dell’ufficio che ha determinato l’emissione di un avviso di liquidazione senza notificare i provvedimenti sospensivi della riscossione; non dunque i profili di fatto; laddove il vizio di motivazione, rilevante in cassazione, puo’ essere impiegato solo per ottenere un sindacato indiretto sull’accertamento di fatti;
(bb) il secondo e’ inammissibile per genericita’ di formulazione del quesito che lo conclude, sostanzialmente tradotto in mero interpello sulla portata di un principio codicistico se e’ corretta, in relazione all’articolo 112 c.p.c. e al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 56 la sentenza che pronuncia su una domanda non formulata da nessuna parte nel corso dei precedenti gradi di giudizio, rideterminando per tale ragione le somme definite nel primo grado (…) ; ed e’ in ogni caso infondato in quanto la rideterminazione della sorte capitale richiesta a rimborso poteva essere fatta d’ufficio dal giudice tributario, attenendo al quantum debeatur rispetto a una pretesa contestata dall’amministrazione in toto;
(cc) il terzo e’ inammissibile per la stessa ragione del primo, essendo anche in tal caso denunciati ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, i profili giuridici della controversia, circa – questa volta – il potere giudiziale di rideterminazione di importi in asserito difetto di domanda.
7. – I ricorsi vanno dunque rigettati.
L’esito determina la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e compensa le spese processuali.
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