PROCESSO TRIBUTARIO
NOVITA’ LEGISLATIVE
L’art. 49 del decreto legge n. 90 del 24 giugno 2014,
convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 114 dell’11 agosto 2014, ha
previsto alcune modifiche al processo tributario, che di seguito si elencano.
A) PEC
All’art. 16, comma 1-bis, D.Lgs. n.
546/92 è aggiunto il seguente periodo:
“Nei procedimenti nei quali la parte
sta in giudizio personalmente (controversie di valore inferiore ad euro
2.582,28) ed il relativo indirizzo di posta elettronica certificata non risulta
dai pubblici elenchi, la stessa può indicare l’indirizzo di posta al quale vuol
ricevere le comunicazioni”.
A tal
proposito, occorre precisare che, a differenza dell’obbligo imposto ai professionisti di indicare la PEC (art. 18,
comma 2, lett. b), D. Lgs. N. 546/92), la suddetta nuova disposizione prevede
la semplice facoltà (“può”); di conseguenza, la mancata
indicazione facoltativa della PEC da parte del ricorrente a titolo personale,
secondo me, non comporta alcuna conseguenza processuale circa il deposito in
segreteria della Commissione tributaria di tutte le comunicazioni.
Infatti,
non bisogna dimenticare che chi fa il ricorso da solo non ha dimestichezza con
le norme processuali e non si può certo penalizzarlo, rendendolo ignaro dello
sviluppo del processo per non aver indicato la PEC, che è obbligo solo di un
professionista e non di un privato contribuente.
In
ogni caso, per evitare spiacevoli sorprese, sarebbe opportuno che il MEF, con
propria circolare, chiarisca bene la questione nel senso da me sopra esposto.
Oltretutto,
il fatto che il legislatore, con la suddetta novella legislativa, abbia sentito
il bisogno di trattare autonomamente il ricorso presentato personalmente
(rispetto a quello presentato dal professionista) è la dimostrazione che si son
voluti fugare i dubbi su questa specifica questione, distinguendo l’obbligo (art. 18 cit.) dalla semplice facoltà (art. 49 citato).
B) MANCATA INDICAZIONE PEC
All’art. 17, D.Lgs. n. 546/92, dopo
il comma 3, è inserito il seguente:
“3-bis- In caso di mancata
indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata ovvero di mancata
consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al
destinatario, le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito
in segreteria della Commissione tributaria”.
A tal
proposito, bisogna distinguere.
1) In caso di mancata indicazione dell’indirizzo PEC, tutte le comunicazioni sono
eseguite esclusivamente mediante deposito in segreteria, logicamente con le
distinzioni e precisazioni fatte alla lettera A).
In ogni caso, si deve stigmatizzare
il comportamento del legislatore che nel processo tributario inserisce di
continuo una serie di formalità che possono pregiudicare la difesa.
Nel caso di specie, mi sembra
eccessiva la suddetta penalizzazione in quanto, pur mancando la PEC, la
segreteria potrebbe continuare a fare le comunicazioni come ha fatto sino ad
ora (con le raccomandate a/r), consultando gli elenchi degli ordini
professionali dove sono inserite tutte le pec dei professionisti iscritti.
Certo, un processo tributario gestito ed organizzato dal MEF, che è una
della parti in causa, rende sempre più difficile la difesa ed appunto per
questo è necessaria ed urgente la riforma, alla luce della legge delega, come
più volte scritto nei miei articoli pubblicati sul sito e nel mio progetto di
legge di riforma del codice del processo tributario (www.studiotributariovillani.it).
2) L’altra ipotesi è la mancata consegna del messaggio di PEC per cause
imputabili al destinatario.
Anche in questo caso, il difensore
può subire pregiudizi perché a casi tipici e prevedibili se ne possono
aggiungere altri in cui l’imputabilità è da ascrivere al provider, senza alcuna
colpa a carico del difensore.
Sarebbe opportuno, per evitare i
problemi di cui sopra, obbligare sempre le segreterie a fare le comunicazioni
tramite raccomandate a/r, prevedendo una minima sanzione amministrativa per
errori tecnici dovuti esclusivamente al destinatario, sempre che siano provati e
documentati in modo specifico.
In sostanza, non si deve mai privare
il contribuente ed il professionista della possibilità di conoscere sempre in
modo effettivo e compiuto lo svolgimento di tutti gli atti processuali, perché
qualsiasi limitazione del diritto di difesa, pur se dovuta ad aspetti formali e
tecnici, non deve mai compromettere un diritto costituzionalmente garantito
(art. 24 della Costituzione).
C) INVITO AL PAGAMENTO
Infine, all’art. 248 D.P.R. n. 115
del 30/05/2002, il comma 2 è sostituito dal seguente:
“2. Salvo quanto previsto
dall’articolo 1, comma 367, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, l’invito è
notificato, a cura dell’ufficio e anche tramite posta elettronica certificata,
nel domicilio eletto o, nel caso di mancata elezione di domicilio, è depositato
presso l’ufficio”.
L’art.
248 cit. prevede l‘invito al pagamento in caso di omesso o insufficiente
pagamento del contributo unificato tributario.
Nel
caso di specie, oltre a quanto precisato nella precedente lett. A), sarebbe
opportuno non gravare eccessivamente il professionista domiciliatario, che
peraltro può cambiare in corso di causa, per evitare che eventuali disguidi di
corrispondenza tra le parti possano determinare una responsabilità
professionale ed una lesione del rapporto fiduciario.
Anche
in questo caso, si manifesta la volontà del legislatore di rendere sempre più
difficile e problematica la difesa nel processo tributario, addossando al
professionista incombenze e responsabilità, spesso di natura formale e tecnica,
che non riguardano le fasi prettamente processuali.
Ormai, in attuazione alla legge
delega, si deve assolutamente modificare il processo tributario, mettendo sullo
stesso piano il fisco e il contribuente, senza alcuna limitazione o
condizionamento processuale, soprattutto se di natura prettamente tecnica o
formale.
Lecce, 13 settembre 2014
AVV.
MAURIZIO VILLANI
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