RUOLO MOTIVATO
LA CARTELLA ESATTORIALE DEVE SEMPRE
ESSERE MOTIVATA.
La
cartella esattoriale deve sempre essere motivata in modo che il contribuente
conosca specificamente le ragioni del recupero e le possa tempestivamente
impugnare dinanzi le competenti Commissioni Tributarie.
Questi
importanti principi sono stati più volte stabiliti dalla Corte di Cassazione.
Infatti, la Corte di Cassazione –
Sez. V Civile – con la sentenza n. 26330 depositata il 16/12/2009 ha
correttamente stabilito quanto segue:
“Conformemente
all’orientamento della Corte Costituzionale (cfr. sentenza 229/99 e ordinanza
117/00), questa Corte ha avuto modo di precisare, con giurisprudenza dalla
quale non vi è motivo qui per discostarsi, che l’obbligo di una congrua,
sufficiente ed intelligibile motivazione non può essere riservato ai soli
avvisi di accertamento della tassa (per i quali tale obbligo è ora
espressamente sancito dall’art. 71, comma secondo bis, del D.Lgs. 15 novembre
1993, n. 507, comma aggiunto dall’art. 6 del D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32), atteso che alla cartella di pagamento
devono ritenersi comunque applicabili i principi di ordine generale indicati
per ogni provvedimento amministrativo dall’art. 3 della Legge 7 agosto 1990, n.
241 (poi recepiti, per la materia tributaria, dall’art. 7 della Legge 27 luglio
2000, n. 212), ponendosi, una diversa interpretazione, in insanabile contrasto
con gli artt. 3 e 24 Cost., tanto più quando tale cartella non sia stata
preceduta da un motivato avviso di accertamento (ex plurimis, Cass. 15638/04)”.
I suesposti corretti principi,
inoltre, sono stati ultimamente ribaditi dalla Corte di Cassazione – Sesta Sezione
Civile – T – che, con l’ordinanza n. 8934 depositata il 17/04/2014, ha
confermato l’annullamento di una cartella esattoriale priva di adeguata
motivazione.
A
quest’ultimo proposito, infatti, occorre evidenziare che, secondo la stessa
allegazione di parte ricorrente, la ragione dell’iscrizione a ruolo consiste
nel “recupero del credito di imposta ex lege 289/2002 art. 62”, recupero che di
per sé è affermazione “anonima”
delle ragioni per le quali l’Amministrazione suppone di vantare un credito,
giacchè quest’ultimo può emergere sia dalla erronea contabilizzazione di
crediti effettivamente spettanti sia dall’esclusione dei presupposti per il
riconoscimento della spettanza.
Non
avendo la parte ricorrente in alcun modo chiarito se e come nel processo sia
stato acclarato essersi trattato della prima anzicchè della seconda delle due
alternative evenienze e non essendoci, perciò, alcuna ragione per supporre che -
come la stessa parte ricorrente assume - al giudice del merito non potesse
essere ignoto che la cartella qui in parola costituiva “mero atto di riscossione” giustificato dal puro riesame contabile
degli stessi dati contenuti nella dichiarazione del contribuente, non resta che
concludere che il motivo di impugnazione non consente di dare risposta al
nucleo logico del quesito prospettato, e cioè se la motivazione della cartella
di pagamento fosse coerente con la funzione provvedimentale alla quale la
cartella medesima è stata destinata ad assolvere.
In definitiva, secondo i corretti
principi esposti dalla Corte di Cassazione, quando la cartella esattoriale è il
primo atto che il contribuente riceve, le motivazioni devono essere specifiche e
dettagliate.
Di
solito, invece, le cartelle di pagamento contengono sintetiche motivazioni, il
più delle volte limitate a meri riferimenti normativi.
La
pretesa è, così, determinata con meri calcoli matematici in rettifica delle
poste indicate nella dichiarazione del contribuente.
La
Corte di Cassazione, con le succitate sentenze, consente di affermare che il
contribuente deve sempre disporre di sufficienti elementi per comprendere la
posizione dell’ufficio in ordine alla somma richiesta.
In
difetto, la pretesa del Fisco deve considerarsi immotivata ed illegittima.
Lecce, 03 maggio 2014
Avv.
Maurizio Villani
AVV.
MAURIZIO VILLANI
Avvocato Tributarista in Lecce
Patrocinante in Cassazione
Commenti
Posta un commento