TARSU
ED ALBERGHI.
Sempre più consolidato l’orientamento che in materia di TARSU diversifica le superfici in funzione dell’utilizzo
La
Commissione tributaria provinciale di Lecce, con la sentenza n. 329/02/13 dello
08.10.13, a pochi mesi di distanza dall’altrettanto recente sentenza emessa
dalla medesima sezione in materia (la n. 227/02/13 del 9 luglio 2013),
è tornata a pronunciarsi sulla questione inerente alla illegittimità della TARSU riscossa in violazione dell'art.
68 D. Lgs. 507/93, in considerazione del fatto che, anche per i campeggi così
come per gli alberghi, il Comune di Gallipoli avrebbe dovuto applicare alle
superfici destinate ad unità abitative la medesima tariffa prevista per le
civili abitazioni.
La questione sottoposta al vaglio dei
Giudici salentini è stata ancora una volta quella della illegittimità di una
cartella di pagamento emessa in violazione dell’art. 68 del D.Lgs. n. 507/97,
posto che anche per i campeggi il Comune di Gallipoli avrebbe dovuto applicare
la medesima tariffa prevista per le civili abitazioni, limitatamente alle
superfici destinate alle unità abitative, con conseguente disapplicazione del regolamento
comunale e della relativa delibera.
Innanzitutto, per meglio chiarire i
termini della questione, è opportuno partire dall’art. 62 del D. Lgs. 507 del
1993 che ha stabilito i presupposti applicativi del tributo in oggetto,
individuandoli nella semplice occupazione o detenzione “di locali ed aree
scoperte, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale
in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in via
continuativa”.
Il successivo art. 68 del D. Lgs. N. 507 cit., invece,
ne ha disciplinato la regolamentazione da parte dei Comuni, così disponendo: <<Per l'applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad
adottare apposito regolamento che deve contenere:
a) la
classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree
con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura
tariffaria;
c) la graduazione delle tariffe ridotte per
particolari condizioni di uso di cui all' art. 66, commi 3 e 4 ;
d) la individuazione delle fattispecie agevolative,
delle relative condizioni e modalità di richiesta documentata e delle cause di
decadenza.
L'articolazione
delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della
determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto, in via di massima, dei
seguenti gruppi di attività o di utilizzazione:
a) locali ed aree adibiti a musei, archivi,
biblioteche, ad attività di istituzioni culturali, politiche e religiose, sale
teatrali e cinematografiche, scuole pubbliche e private, palestre, autonomi
depositi di stoccaggio e depositi di macchine e materiale militari;
b) complessi commerciali all'ingrosso o con superfici
espositive, nonché aree ricreativo- turistiche, quali campeggi, stabilimenti
balneari, ed analoghi complessi attrezzati;
c) locali ed
aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi
alberghieri;
d) locali adibiti ad attività terziarie e direzionali
diverse da quelle di cui alle lettere b), e) ed f), circoli sportivi e
ricreativi;
e) locali ed aree ad uso di produzione artigianale o
industriale, o di commercio al dettaglio di beni non deperibili, ferma restando
l'intassabilità delle superfici di lavorazione industriale e di quelle
produttive di rifiuti non dichiarati assimilabili agli urbani;
f) locali ed aree adibite a pubblici esercizi o
esercizi di vendita al dettaglio di beni alimentari o deperibili, ferma
restando l'intassabilità delle superfici produttive di rifiuti non dichiarati
assimilabili agli urbani.
I regolamenti, divenuti esecutivi a norma di legge,
sono trasmessi entro trenta giorni alla direzione centrale per la fiscalità
locale del Ministero delle finanze che formula eventuali rilievi di legittimità
entro sei mesi dalla ricezione del provvedimento. In caso di rilievi formulati
tardivamente il comune non è obbligato ad adeguarsi agli effetti dei rimborsi e
degli accertamenti integrativi.>>.
Infine, ai sensi e per gli effetti del successivo art.
69, c. 2, del D. Lgs. N. 507/93, <<Ai fini del controllo
di legittimità, la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti
stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi
del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i
dati e le circostanze che hanno determinato l'aumento per la copertura minima
obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3.>>.
Orbene, dal suddetto quadro normativo,
si evince in maniera inequivocabile che i
Comuni, per l'applicazione della tassa,
devono adottare apposito regolamento che, a sua volta, deve contenere la
classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed
aree con omogenee potenzialità di produrre rifiuti
tassabili, applicando a queste la stessa tariffa.
Difatti, solo una motivazione rispettosa
del dettato normativo di cui all’art. 69 cit., potrebbe giustificare una
tariffa differente per le aree con omogenea potenzialità di produrre rifiuti.
Sul punto, peraltro, è anche intervenuta
la Suprema Corte (Cass., del 04 agosto
2005, nn. 16427, 16428, 16429), statuendo che <<Anche il II motivo si manifesta infondato, atteso che in
alcun modo la C.T.R., nel legittimo esercizio del menzionato potere di
disapplicazione, si è sostituita alla P.A. nelle valutazioni di merito, avendo,
invece, solo preso atto della riscontrata illegittimità delle delibere perché
non rispondenti alle prescrizioni normative di cui all'art. 69 comma 2 D.L.vo
507/93; ed in particolare, perché carenti di qualsiasi indicazione in ordine
alle "ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe" e ai "dati
relativi ai costi del servizio".>> e con ciò riconoscendo in capo al
giudice tributario il potere di disapplicare le delibere comunali, in materia
di tariffe TARSU, ai sensi dell'articolo 7 D. Lgs. n. 546/1992.
Pertanto, facendo corretta applicazione dell’enunciata disciplina
normativa e dei suddetti principi giurisprudenziali, la Ctp di Lecce, con sent. dello
08.10.13, n. 329, ha, quindi, ritenuto
legittima la tassazione delle aree non destinate
ad uso abitativo, disponendo, invece, la riliquidazione della TARSU per tutte
quelle superfici del campeggio destinate all'effettiva occupazione di strutture
abitative.
In questo modo,
il Collegio salentino ha dato continuità a quel filone della giurisprudenza di
merito che ormai si sta sempre più consolidando (Ctp Lecce nn. 612-614/2008
del 18.11.2008, 629/02/10 del 03.11.2010,
294-295 /02/11 del 10.05.2011.; 536/02/11 del 12.07.2011 del 09.07.13,
n. 227/02/13; CTR Puglia
– Sez. Staccata di Lecce – nn. 71, 72 e 73 del 04.06.2012),
secondo il quale è irragionevole ritenere che un nucleo
familiare in vacanza produca maggiori rifiuti di quelli prodotti ordinariamente
nella propria abitazione e secondo il quale è <<illegittimo per violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di
istruttoria e di motivazione il provvedimento con cui è stata determinata la
tariffa per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nel caso in
cui dal provvedimento medesimo non sia ricavabile alcun elemento idoneo a
ricostruire i presupposti di fatto e di diritto in ordine all'aumento della
tariffa. Infatti, pur avendo il provvedimento natura di atto generale, si deve
ritenere che nei confronti dello stesso non sia applicabile la disciplina
prevista dall'art. 13 l. n. 241/1990, bensì, per il suo carattere di specialità
e maggiore garanzia procedimentale, la disciplina prevista dall'art. 69, comma
2, d.lgs. n. 507/1993, secondo cui l'Amministrazione, quando determina le
tariffe, deve dar conto delle ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, nonché
dei dati e delle circostanze che hanno determinato l'aumento per la copertura
minima obbligatoria del costo; tale disposizione comporta l'obbligo per
l'Amministrazione di motivare analiticamente le scelte espresse nella relativa
deliberazione" (T.A.R. Sicilia
Palermo, sez. I, 1° ottobre 2009, n. 1550; in questa stessa direzione cfr.,
anche, Cons. Stato, sez. V, 11 agosto 2010, n. 5616; T.A.R. Lazio Latina, sez.
I, 19 febbraio 2009, n. 127; T.A.R. Sardegna, sez. II, 11 marzo 2008, n. 411)>>
(TAR Puglia, del 24 ottobre 2013, n.
2184).
Né, infine, ad una diversa conclusione può indurre l’altrettanto
consolidato principio giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione,
secondo il quale <<la maggiore capacità produttiva di un esercizio
alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce infatti un dato di
comune esperienza>>, in quanto se tale principio è stato enunciato a
fronte della richiesta di equiparazione totale tra alberghi e civili
abitazioni, manca, invece, una specifica statuizione della stessa in merito
alla prospettata diversificazione delle aree a seconda della loro destinazione
e sull’omessa motivazione della negazione di tale diversificazione laddove per
l’appunto il Comune decida di agire diversamente.
Lecce, 06 novembre 2013 Avv.
Maurizio Villani
Avv. Paola Rizzelli
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