Iscrizione ipotecaria illegittima se l'avviso non indica termini e modalità di impugnazione .
(Cassazione civile sez. III, 26 febbraio 2013, n. 4777).
Con la sentenza n. 4777 del 26 febbraio 2013, i giudici del Supremo Collegio hanno ribadito l'applicazione delle norme sulla trasparenza degli atti amministrativi (L. 7 agosto 1990, n. 241) agli atti dei Agenti della riscossione, "in primis" Equitalia.
Invero, risulta chiaro il principio enucleato: è nulla l'ipoteca se l'avviso notificato al contribuente difetta dell'indicazione dei termini e delle modalità di impugnazione.
Gli Ermellini hanno puntualizzato come le norme in tema di esecuzione esattoriale pur garantendo i crediti tributari possono "gravemente compromettere i diritti individuali poichè ...introducono modalità estremamente rapide e semplificate di esproprio dei beni".
Risulta pertanto "essenziale" sia il rispetto del principio di legalità, sia "gli adempimenti di carattere generale diretti allo scopo di permettere all'esecutato di far valere le sue ragioni: soprattutto ove si tratti di adempimenti di agevole esecuzione e poco costosi per l'amministrazione, quali quello di comunicare all'interessato - unitamente alla comunicazione dell'avvenuta iscrizione ipotecaria - i termini e le modalità con cui può proporre opposizione e far valere le sue ragioni"
Con la sentenza n. 4777 del 26 febbraio 2013, i giudici del Supremo Collegio hanno ribadito l'applicazione delle norme sulla trasparenza degli atti amministrativi (L. 7 agosto 1990, n. 241) agli atti dei Agenti della riscossione, "in primis" Equitalia.
Invero, risulta chiaro il principio enucleato: è nulla l'ipoteca se l'avviso notificato al contribuente difetta dell'indicazione dei termini e delle modalità di impugnazione.
Gli Ermellini hanno puntualizzato come le norme in tema di esecuzione esattoriale pur garantendo i crediti tributari possono "gravemente compromettere i diritti individuali poichè ...introducono modalità estremamente rapide e semplificate di esproprio dei beni".
Risulta pertanto "essenziale" sia il rispetto del principio di legalità, sia "gli adempimenti di carattere generale diretti allo scopo di permettere all'esecutato di far valere le sue ragioni: soprattutto ove si tratti di adempimenti di agevole esecuzione e poco costosi per l'amministrazione, quali quello di comunicare all'interessato - unitamente alla comunicazione dell'avvenuta iscrizione ipotecaria - i termini e le modalità con cui può proporre opposizione e far valere le sue ragioni"
Alfio Gambino
Testo Cassazione civile n. 4777 del 26 febbraio 2013
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C.M. ha
proposto opposizione ai sensi dell'art. 617 c.p.c., davanti al Giudice di pace
di Barra (NA), alla procedura esecutiva promossa a suo carico dalla s.p.a.
Equitalia per la riscossione di tributi per l'importo complessivo di Euro
2.551,99, di cui a varie cartelle esattoriali. L'opponente ha denunciato
l'illegittimità dell'iscrizione di ipoteca sui suoi beni immobili:
iscrizione
di cui ha avuto notizia il 12 novembre 2007.
La
convenuta ha resistito, eccependo fra l'altro il difetto di giurisdizione del
giudice ordinario.
Con
sentenza 12-22 febbraio 2008 n. 769, notificata il 19 giugno 2008, il Giudice
di pace, ritenuta la propria giurisdizione, ha dichiarato nulla l'iscrizione
ipotecaria, ordinandone la cancellazione, e ha disposto l'annullamento delle
cartelle esattoriali.
Con atto
notificato il 5 agosto 2008 Equitalia propone cinque motivi di ricorso per
cassazione.
Resiste
l'intimata con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Deve
essere preliminarmente corretta la qualificazione dell'oggetto della sentenza
impugnata, che la ricorrente assume doversi considerare di opposizione
all'esecuzione, in virtù del principio dell'apparenza, poichè così il Giudice
di pace avrebbe qualificato la domanda dell'opponente.
Va
rilevato al contrario che il Giudice di pace, nel decidere sulla competenza
territoriale, ha affermato che il procedimento proposto è di opposizione agli
atti esecutivi (p. 2 della sentenza, ultima riga); qualificazione che è del
resto conforme alla natura delle eccezioni sollevate dall'opponente, che
attengono ad irregolarità dell'atto di iscrizione ipotecaria ed all'omessa od
irrituale notìfica delle cartelle esattoriali.
Si
tratta, pertanto, sia in assoluto, sia in relazione al principio
dell'apparenza, di sentenza emessa in tema di opposizione agli atti esecutivi.
La
questione è stata posta dal ricorrente al fine di dimostrare l'ammissibilità
del ricorso, ma è comunque irrilevante, poichè sia in tema di opposizione
all'esecuzione, sia in tema di opposizione agli atti esecutivi, la sentenza che
decide il procedimento è inappellabile in base al regime applicabile alla
controversia (art. 616 c.p.c., come modificato dalla L. 24 febbraio 2006, n.
52, art. 14: cfr. Cass. civ. 29 maggio 2008 n. 14179).
2.- Con
il primo motivo Equitalia assume che la sentenza impugnata ha erroneamente
applicato la L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 4, all'iscrizione ipotecaria di
cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77, circa l'obbligo di comunicare
al contribuente, con l'avviso dell'iscrizione, il termine entro il quale può
proporre opposizione e l'autorità a cui proporla. La norma sarebbe da ritenere
inapplicabile alla riscossione esattoriale, poichè la legge pone il
contribuente in posizione di subordinazione all'amministrazione finanziaria, in
vista dell'esigenza della pronta realizzazione del credito fiscale (favor
fisci). Donde la necessità di assoggettare la procedura ad una disciplina
speciale e semplificata.
2.1.- Il
motivo non è fondato, e ne è anche dubbia l'ammissibilità, considerata la
genericità e l'astrattezza del quesito formulato ai sensi dell'art. 366 bis
c.p.c..
La L. 7
agosto 1990, n. 241, detta una serie di norme a tutela del cittadino nei
rapporti con la pubblica amministrazione e le sue prescrizioni debbono essere
ritenute applicabili anche ai rapporti con l'amministrazione finanziaria, nei
limiti in cui siano di agevole applicazione e non compromettano nella loro
essenza le finalità pubbliche perseguite.
Le norme
in tema di esecuzione esattoriale contemplano misure che, a garanzia e a tutela
dei crediti tributari, possono gravemente compromettere i diritti individuali
poichè - oltre che avere introdotto misure quali il c.d. fermo amministrativo
di beni mobili registrati e l'iscrizione di ipoteca sugli immobili -
introducono modalità estremamente rapide e semplificate di esproprio dei beni.
E'
essenziale pertanto che, proprio in tema di esecuzione esattoriale, siano
rigorosamente rispettati sia il principio di legalità, tramite la stretta
osservanza delle procedure stabilite;
sia gli
adempimenti di carattere generale diretti allo scopo di permettere
all'esecutato di far valere le sue ragioni: soprattutto ove si tratti di
adempimenti di agevole esecuzione e poco costosi per l'amministrazione, quali
quello di comunicare all'interessato - unitamente alla comunicazione
dell'avvenuta iscrizione ipotecaria - i termini e le modalità con cui può
proporre opposizione e far valere le sue ragioni.
Correttamente,
pertanto, la sentenza impugnata ha ritenuto applicabile la L. n. 241 del 1990,
art. 3, comma 4, cit. al caso di specie.
3.- Con
il secondo motivo la ricorrente impugna la sentenza del GdP nella parte in cui
ha ritenuto applicabili all'iscrizione ipotecaria esattoriale il D.P.R. n. 602
del 1973, artt. 50 e 76.
Assume
che l'iscrizione di ipoteca non è atto di esecuzione e pertanto non è soggetta
alla preventiva notificazione degli avvisi di cui all'art. 50, comma 2, e
neppure ne è preclusa l'iscrizione per i crediti di valore inferiore ad Euro
8.000,00 di cui all'art. 76, avendo essa il solo scopo di precostituire una
garanzia del credito.
3.1.- Il
motivo è in parte non fondato ed in parte ininfluente.
La Corte
di cassazione a sezioni unite ha ripetutamente affermato che l'ipoteca prevista
dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, pur non essendo atto di esecuzione, è
tuttavia strettamente preordinata e strumentale all'espropriazione immobiliare,
e pertanto è soggetta agli stessi limiti stabiliti per quest'ultima dall'art.
76 del medesimo D.P.R., come da ultimo modificato dal D.L. n. 203 del 2005,
art. 3, conv. in L. n. 248 del 2005. L'ipoteca non può quindi essere iscritta
se il debito del contribuente non supera gli ottomila Euro (Cass. civ. S.U. 22
febbraio 2010 n. 4077; Cass. civ. S.U. 12 aprile 2012 n. 5771).
Tanto
basta a giustificare il disposto della sentenza impugnata, nella parte in cui
ha dichiarato invalida l'iscrizione ipotecaria, anche indipendentemente dalla
mancata notificazione di cui all'art. 50, comma 2, cit..
Le
ulteriori censure risultano quindi ininfluenti.
4.- Il
terzo, il quarto ed il quinto motivo sono inammissibili sia per l'inidonea
formulazione dei quesiti di diritto, sia per difetto di specificità ai sensi
dell'art. 366 c.p.c., n. 6.
I
quesiti sono così formulati:
"Si
chiede alla Corte di cassazione di pronunciarsi circa le formalità necessarìe
al perfezionamento della notifica degli atti destinati al contribuente di cui
al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, lett. e), ed in particolar modo
di sancire la necessità o meno dell'invio al destinatario dell'avviso di
deposito dell'atto presso la casa comunale a mezzo di raccomandata a/r al fine
del perfezionamento di questa modalità di notifica" (terzo quesito);
"Si
chiede alla Corte di cassazione di pronunciarsi in ordine alla circostanza per
la quale, in caso di mancata impugnazione della cartella di pagamento, questa
assuma i caratteri del titolo esecutivo incontrovertibile, ciò determinando, in
base all'art. 2953 c.c., la trasformazione del termine eventualmente breve di
prescrizione...in quello ordinario decennale.." (quarto quesito);
"Si
chiede alla Corte di cassazione di stabilire, tenuto conto della disciplina
contenuta nell'art. 2719 c.c., artt. 214 e 215 c.p.c., se sia ammissibile o
meno disconoscere la conformità della fotocopia di un documento rispetto
all'originale nell'atto introduttìvo di un giudizio, prima cioè che avvenga la
produzione in quest'ultimo del documento stesso" (quinto quesito).
A norma
dell'art. 366 bis c.p.c., è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione
il cui quesito di diritto si risolva in un'enunciazione di carattere generale e
astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla
sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna
risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non
potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con
il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto art. 366 bis (Cass.
civ. S.U. 11 marzo 2008 n. 6420). Il quesito di diritto deve comprendere
l'indicazione sia della "regula iuris" adottata nel provvedimento
impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si
sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. La mancanza anche di una
sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. civ.
Sez. 3, 30 settembre 2008 n. 24339 e 9 maggio 2008 n. 11535; Cass. 25 marzo
2009, n. 7197).
4.1.- In
secondo luogo non risulta se e tramite quali atti le questioni prospettate nei
motivi di ricorso siano state sollevate davanti al giudice di primo grado,
considerato che esse non risultano in alcun modo discusse dalla sentenza
impugnata; nè la ricorrente dichiara di avere prodotto in questa sede gli atti
su cui il ricorso si fonda, indicando come siano contrassegnati e come siano
reperibili fra gli altri atti e documenti di causa, come prescritto a pena di
inammissibilità dall'art. 366 c.p.c., n. 6 (Cass. civ. 31 ottobre 2007 n.
23019; Cass. civ. Sez. 3, 17 luglio 2008 n. 19766; Cass. civ. S.U. 2 dicembre
2008 n. 28547, Cass. civ. Sez. Lav., 7 febbraio 2011 n. 2966, fra le tante; e
da ultimo Cass. civ. S.U. 3 novembre 2011 n. 22726, quanto alla necessità della
specifica indicazione del luogo in cui il documento si trova).
Sotto
entrambi i profili le censure vanno dichiarate inammissibili per difetto di
specificità.
5.- Il
ricorso deve essere rigettato.
6.- Le
spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali, liquidate complessivamente in Euro 1.700,00 di cui Euro
200,00 per esborsi ed Euro 1.500,00 per compensi, oltre agli accessori
previdenziali e fiscali di legge.
Così
deciso in Roma, il 17 gennaio 2013.
Depositato
in Cancelleria il 26 febbraio 2013
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