COME RISOLVERE
IL CASO MARADONA
L’autotutela, l’unica
chance per Diego
Con sentenza n. 598/01/13, depositata lo scorso 1°
febbraio, la Commissione tributaria centrale di Napoli ha rigettato la richiesta di intervento
adesivo dipendente avanzata dal calciatore Maradona nel giudizio in questione,
rispetto al quale lo stesso Maradona era rimasto estraneo.
Nella specie, la controversia è scaturita
dalla notifica nei confronti della S. S. Calcio Napoli s.p.a., in merito agli
esercizi che vanno dal 1985 al 1990, di avvisi di accertamento con i quali il
competente ufficio finanziario contestava l'omesso versamento delle ritenute
che avrebbe dovuto operare sulle maggiori retribuzioni corrisposte ai calciatori
Maradona, Careca e Alemao.
Secondo l’ufficio, difatti, ai calciatori erano stati corrisposti maggiori compensi, occultati dalla interposizione di società estere, per cui lo stesso procedeva altresì al recupero del maggior reddito accertato, notificando gli avvisi di accertamento anche ai tre calciatori.
Secondo l’ufficio, difatti, ai calciatori erano stati corrisposti maggiori compensi, occultati dalla interposizione di società estere, per cui lo stesso procedeva altresì al recupero del maggior reddito accertato, notificando gli avvisi di accertamento anche ai tre calciatori.
Tutti gli avvisi di accertamento in
questione, poi, venivano tempestivamente impugnati, dinanzi all’autorità
giudiziaria competente, fatta eccezione però per l'avviso notificato a
Maradona.
Con sentenza del 20 dicembre 1993, successivamente
impugnata dalla società, dai calciatori e dall’ufficio, la Commissione
tributaria di primo grado di
Napoli, previa riunione dei ricorsi, accoglieva le ragioni della società
limitatamente a rettifiche riguardanti altri rapporti, mentre rigettava “nel
resto i ricorsi per quanto riguarda l’omesso versamento delle ritenute
d’acconto relative ai corrispettivi di lavoro di Maradona …, con salvezza degli
effetti derivanti dalla dichiarazione integrativa presentata”. Rigettava,
altresì, i ricorsi di due calciatori “per la parte relativa ai redditi non
coperti dalle dichiarazioni integrative presentate”.
Con sentenza del 6 settembre 1994, poi, l’adita
Commissione tributaria di secondo grado
di Napoli rigettava il ricorso della società e quello dell’ufficio,
mentre accoglieva quello dei due calciatori.
L’Ufficio ha conseguentemente proposto ricorso alla
Commissione tributaria centrale di Napoli che, in considerazione dell’avvenuta definizione della lite da parte della
società ai sensi dell’art. 16 della legge n. 289/2002 e delle dichiarazioni
integrative presentate dai due calciatori ai sensi della legge n. 413/1991, ha
dichiarato l’estinzione dei giudizi
relativi alla fallita società e ai due calciatori, rigettando la richiesta di
intervento adesivo avanzata da Maradona.
Il calciatore argentino, infatti, pur non avendo impugnato gli avvisi di
accertamento, era intervenuto nel corso del giudizio chiedendo di poter godere degli effetti della
sentenza, attesa l’inscindibilità
tra la contestazione a lui mossa e quella fatta alla società.
Orbene, secondo l’adita Commissione, invece, la chiusura
della controversia da parte della società Napoli Calcio non comporta la
definizione automatica degli obblighi del calciatore Maradona, la cui
obbligazione tributaria deve essere soddisfatta in base alla propria aliquota
marginale.
Questo per diverse ragioni.
Innanzitutto, perché il calciatore è rimasto estraneo
al giudizio, non impugnando l’avviso di accertamento notificatogli, cosicché
l’obbligazione tributaria nei suoi confronti si è consolidata, con conseguente
inapplicabilità dell’art. 14, comma 3, del D. Lgs. n. 546/1992.
Secondariamente, poi, anche perché “la definizione
della controversia nei confronti della società, in forza di una norma di
condono, ha natura soggettiva e non può riflettersi sugli obblighi di altri
soggetti: la decisione della controversia nei confronti della società non
implica un accertamento in fatto di cui possa beneficiare il contribuente”. “Né
il condono della società può estendersi al calciatore che avrebbe potuto a sua
volta accedere al condono, se avesse ritenuto di contestare tempestivamente
l’accertamento”.
In definitiva, dunque, l’unica strada ancora
percorribile al Pibe de Oro resta quella dell’autotutela, con conseguente
possibilità d’impugnare un eventuale rifiuto (Cass., SS. UU., del 23 aprile
2009, n. 9669).
Lecce, 13 febbraio 2013 Avv.
Maurizio Villani
Avv.
Paola Rizzelli

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