I
Comuni non devono fare i condoni fiscali
A)
Normativa

Accade che erroneamente molti
comuni hanno ritenuto di applicare la suddetta norma “sine die” deliberando dei
condoni fiscali per le materie di loro competenza per i periodi d’imposta
successivi al 2002.
La norma è molto chiara nel
ritenere applicabili tali condoni relativamente ad obblighi tributari
“precedentemente non adempiuti”; questo significa che tali condoni non sono da
ritenersi attuabili a partire dal 2002 in poi, data in cui entra in vigore la
Legge de quo.
B) Giurisprudenza
Anche la Cassazione, con una
serie di sentenze (n. 12679, n. 12675, n. 12677, n. 12678, n. 12679, n. 12688
tutte del 2012), ha dichiarato l’illegittimità di tali condoni in violazione
dell’art. 13 cit., in particolar modo relativamente al termine in esso
contenuto che non può riferirsi ad annualità successive al 2002.
In particolare, la sentenza n.
12679 del 20.07.2012 (Presidente Dott. Marco Pivetti, Cons. Dott. Michele D’Alonzo
udienza del 30.05.2012) - relativa alla
legittimità di una delibera consiliare in tema di imposta sulla pubblicità con
la quale era stato approvato il <Regolamento per la definizione agevolata
delle liti pendenti relative ai tributi comunali aboliti> - ha chiarito che “la
possibilità per il contribuente di
conseguire la sospensione del giudizio in corso è ancorata, dall’art. 13 della
L. 289/2002, alla concomitante presenza di due specifici presupposti: a) che
si tratti di obblighi tributari precedenti l’entrata in vigore della legge in
questione; b) che alla data di entrata in vigore della predetta legge, la
procedura di accertamento o i procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale
fossero già stati instaurati. (…) Se
ne deve necessariamente inferire l’illegittimità del condono poiché adottato in
violazione dell’art. 13 della l. 289/2002, che delimitava temporalmente –
mediante il visto riferimento agli obblighi non adempiuti dal contribuente
prima dell’entrata in vigore di detta legge – il potere dei Comuni di stabilire
condoni sui tributi propri, potere non esercitabile, dunque, sine die
dall’amministrazione comunale.”
Con riferimento ai principi
costituzionali di cui agli artt. 3 (uguaglianza di trattamento dei debitori
tributari diversi da quelli locali), 23 (riserva di legge in materia di
prestazioni obbligatorie) e 119 co.2 (coordinamento della finanza pubblica
locale con quella nazionale), gli Ermellini specificano che “l’esercizio di un potere in materia
tributaria, da parte dell’ente locale, una volta che sia spirato il termine,
previsto dalla legge statale autorizzativa, entro il quale tale potestà poteva
essere esercitata, comporta la carenza del potere medesimo e la conseguente
disapplicazione, da parte del giudice ordinario, dell’atto assunto in
violazione della norma attributiva della potestà esercitata nonostante il
decorso del termine suindicato. Nel caso concreto, poiché l’art. 13 della l.
289/2002 concedeva all’amministrazione comunale la potestà di adottare il solo,
specifico, condono ivi previsto, temporalmente delimitato attraverso i
riferimenti suesposti, l’adozione di un
ulteriore condono a distanza di ben sette anni dalla normativa primaria
succitata, determina l’illegittimità del condono medesimo per carenza di potere,
che va dichiarata da questa Corte, anche ai sensi dell’art. 363 c.p.c..”
In tutte le pronunce citate è
stato riaffermato che l’art. 13 cit. attribuiva agli enti locali una “potestà oggettivamente limitata”
all’attuazione dello specifico condono ivi previsto, rendendo quindi
illegittimi i condoni “a catena” dei comuni.
In realtà, già prima di queste
pronunce di legittimità, la Corte dei Conti – Sezione Regionale di controllo
per la Puglia – con la deliberazione n. 4/PAR72010 del 13 gennaio 2010 rispondendo
ad un preciso parere del Sindaco del Comune di San Donaci (Brindisi) – ha
precisato che il condono dell’art. 13 della legge n. 289/2002 è applicabile
soltanto con riferimento ai periodi d’imposta antecedenti al 01.01.2003, non
potendosi introdurre una fattispecie di condono per un arco temporale
indefinito, come confermato dalle pronunce della Cassazione.
Lo stesso principio è stato
ribadito dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti della Regione Siciliana
con le deliberazioni n. 6/2007 del 13.12.2006 e n. 28/2008 del 04.06.2008 nelle
quali è ribadito che la norma di cui all’art. 13 cit. dev’essere oggetto di “stretta interpretazione, considerato che
l’istituzione di meccanismi di definizione agevolata relativamente ad obblighi tributari rimasti
totalmente o parzialmente inadempiuti da parte dei contribuenti ha
indubbiamente natura di evento eccezionale nell’ambito dell’ordinamento
giuridico. Ad avviso della sezione, la definizione agevolata dei tributi propri
delle Regioni e degli Enti locali può avvenire soltanto con riferimento a
periodi d’imposta antecedenti all’1.1.2003, data di entrata in vigore della L. n.
289/2002, non potendosi introdurre una fattispecie di condono per un arco temporale
indefinito.” ( SS.RR. Sicilia n. 6/2007).
C) L’interpretazione del Ministero delle
Finanze.
A seguito del parere richiesto
dal Comune di Lecce, il Ministero delle Finanze – nel riportarsi ad una
precedente nota – n. 2195/2004 – , ha reso un parere – n. 23873 del 20.10.2012
– con il quale, pur richiamando le sentenze citate, ha ritenuto di consentire
il condono basandosi su due pronunce della Corte di Cassazione (n. 13463 e
13464 del 09.05.2012, depositate il 27.07.2012) che non hanno affrontato il
problema come prospettato dalla norma, ma hanno analizzato la fattispecie sulla
base di mere irregolarità procedurali.
Infatti nella nota del
Ministero leggiamo che “sul punto non si
è formato un orientamento giurisprudenziale consolidato e, pertanto, (il
Ministero) non ritiene opportuno mutare il precedente parere espresso in varie
note, tra le quali la n. 2195/2004. (…) Occorre, infine, sottolineare che
l’avviso espresso da questa direzione non può essere considerato come
preclusivo di eventuali contestazioni o impugnative di un regolamento in
materia di condono, la cui emanazione è comunque rimessa al prudente
apprezzamento di codesto ente.”
Appare evidente come, nella
nota del Ministero, vi sia una presa di coscienza sia della giurisprudenza prevalente
in materia richiamata nella nota de quo
(Corte di Cassazione e Corte dei Conti), sia del fatto la propria
interpretazione non precluderebbe comunque l’eventualità di una impugnativa dei
relativi regolamenti.
Importante notare che il
Ministero nel richiamare le due sentenze della Cassazione n. 13463 e 13464 del 09.05.2012, depositate il
27.07.2012, le connota di una veste nuova rispetto alle precedenti sentenze (di
cui alla lett. B) come se le stesse sconfesserebbero la tesi ormai prevalente e
dominante in materia. È invece importante scoprire che le due sentenze – in
base alle quali secondo il Ministero sarebbero attuabili i condoni comunali con
riferimento all’art. 13 – non prendono assolutamente posizione sull’argomento.
Le
sentenze della Corte di Cassazione n. 13463 e 13464 del 2012
La
sentenza n. 13463 del 03.05.2012, depositata il 27.07.2012,
(Presidente Dott. M. Pivetti e Cons. Dott. M. D’Alonzo – udienza del
03.05.2012) si riferisce ad un altro condono che riguarda i manifesti politici
( art. 1 comma 480 della L. 30.12.2004 n. 311 – legge finanziaria 2005);
peraltro, la Corte conclude : “nel caso
di specie, il mero deposito della quietanza di pagamento, in assenza di
qualsiasi ulteriore elemento di riscontro dell’esito positivo dell’attività di
controllo svolta dall’ente impositore, non fornisce ex se la dimostrazione del
fatto determinante la cessazione della materia del contendere e cioè
dell’intervenuta definizione del rapporto tributario, con la conseguenza che il
motivo di ricorso dev’essere dichiarato infondato”.
In sostanza, si comprende come
la questione trattata, oltre che riguardare appunto un condono diverso da
quello di cui all’art. 13 cit., è relativa a questioni procedurali (carenza di
interesse) e pertanto non può fare da spartiacque nel caso de quo.
La
sentenza n. 13464 del 09.05.2012, depositata il 27.07.2012, (Presidente
Dott. M. D’Alonzo udienza del 09.05.2012), parimenti non prende nessuna
posizione rispetto al condono ex art. 13 cit, pur citandolo nella sentenza.
Il caso analizzato nella
sentenza riguarda l’imposta di pubblicità per l’anno 1998 relativamente agli
impianti utilizzati da una contribuente nel territorio municipale romano. Anche
in questo caso, la querelle è
relativa ad un vizio procedurale, in quanto come si evince dalla sentenza “la parte che ha presentato l’istanza di
definizione, al termine della durata della sospensione e nella ipotesi in cui
si sia perfezionata la definizione agevolata, è tenuta a presentare l’atto di
rinuncia alla prosecuzione del giudizio debitamente sottoscritto dalla
controparte per accettazione con compensazione delle spese di giudizio. La
documentazione, da ultimo, versata in atti dalle società non rispetta le
modalità di presentazione di nuovi documenti dinanzi a questa Corte. (…) Del
deposito di nuovi documenti, però, deve essere dato avviso all’altra parte
mediante notifica del relativo elenco al fine di garantire il contraddittorio
(…) invece nella fattispecie non v’è stata notifica dell’elenco né presenza del
difensore del Comune in udienza; dunque la produzione della contribuente è
inutilizzabile.”
In sostanza, la mancanza di
conoscibilità dei documenti prodotti ha determinato la totale assenza relativa
all’interpretazione della Corte sul problema che si analizza nel presente documento.
Ma vi è di più!
Come si può facilmente
evincere, vi è una sostanziale corrispondenza dei soggetti facenti parte la
Corte di Cassazione delle sentenze citate dal Ministero (ed utilizzate per
legittimare i condoni comunali, senza solide basi giurisprudenziali e normative)
e di quelle della giurisprudenza prevalente che effettivamente pronunciandosi
sulla validità del termine stabilito dalla norma di cui all’art. 13, ne hanno
previsto l’inapplicabilità per le annualità successive al 2002.
Infatti, la sentenza n. 13463 vede
come presidente il Dott. Pivetti e tra i Consiglieri il Dott. D’Alonzo (udienza
del 03.05.2012); la sentenza n. 13464 vede come Presidente il Dott. D’Alonzo
con udienza successiva alla precedente pronuncia, del 09.05.2012; allo stesso
tempo, nella importantissima sentenza n. 12679 (con udienza del 30.05.2012) vi
sono come Presidente il Dott. Pivetti e tra i Consiglieri il Dott. D’Alonzo!!!
Questo sta a significare che
nelle sentenze citate dal Ministero – quelle in base alle quali dovrebbero
ritenersi legittimi i condoni comunali – (n. 13463 e 13464 in cui l’argomento
non è proprio trattato - ), l’art. 13 non era stato minimamente preso in
considerazione , tanto vero che i due
Presidenti Dott. Pivetti e Dott. D’Alonzo lo hanno, per la prima volta,
affrontato e deciso correttamente con la sentenza n. 12679/2012.
Questo dimostra anche l’errore
grossolano contenuto nel parere rilasciato dal Ministero, su richiesta del
Comune di Lecce, con la nota n. 23873 del 20.10.2012.
Infatti,
il Ministero conclude il suo parere cosciente che la sua tesi non risulta in
alcun modo sostenibile, oltre che sostenuta da nessuna pronuncia, facendo
presente che “i regolamenti dei comuni
possono essere contestati ed impugnati, ed (il Ministero) invita il Comune di
Lecce ad un prudente apprezzamento di questo ente.”
D) La recente sentenza n. 15251 del
12.07.2012 della Corte di Cassazione.
Alcuni, in materia di condono,
citano la sentenza n. 15251 del 12.07.2012, che non procede a nessuna
determinazione sull’argomento, in quanto l’oggetto di questa pronuncia riguarda
la carenza di interesse del contribuente a proporre ricorso per Cassazione ex
art. 100 c.p.c..
Anche qui, la Corte non
procede ad alcuna disamina circa il condono di cui all’art. 13 della L. n.
289/2002, lasciando intatto lo spirito guida perseguito dalle sentenze di cui
alla lettera B).
E) Conclusioni
In conclusione, alla luce della
importante sentenza n. 12679 del 30.05.2012 pronunciata dalla Corte di
Cassazione, dei principi contenuti nelle citate delibere della Corte dei Conti
– precedenti rispetto alle sentenze di legittimità – , alla corretta
interpretazione della norma di cui all’art. 13 della L. n. 289/2002 contenuta
nelle argomentazioni giuridicamente svolte dai Presidenti e dai Consiglieri della
Corte di Cassazione, è importante che i Comuni non facciano alcun tipo di
condono comunale ai sensi dell’art. 13 citato, in quanto le conseguenze si
rivelerebbero disastrose.
Infatti, stante la
giurisprudenza di legittimità che sottolinea l’illegittimità di questi condoni
per il limite temporale contenuto nella norma attuatrice, pochi contribuenti ne
farebbero uso, correndo il rischio di aderire ad un condono giuridicamente illegittimo con il conseguente aggravio di spese
successive (sanzioni e interessi).
Inoltre, i Comuni andrebbero a
sballare completamente i loro bilanci
prevedendo la riscossione di somme mai certe e sicuramente improbabili.
Infine, e di non minor
importanza, i giudici tributari non
possono sospendere i giudizi in corso e devono assolutamente attenersi
all’interpretazione di diritto vigente della Corte di Cassazione, come
individuata dalla sentenza n. 12679 citata, facendo così venir meno la
definizione agevolata delle liti pendenti.
Lecce, 13.11.2012
Avv.
Maurizio Villani
Avv.
Francesca Giorgia Romana Sannicandro
AVV.
MAURIZIO VILLANI
Avvocato Tributarista in Lecce
Patrocinante in Cassazione
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