IRAP - ISTANZA DI RIMBORSO ENTRO 48 MESI.
(CASSAZIONE N. 12175 DEL 16 LUGLIO 2012)
L’istanza di rimborso ex art. 38 DPR 692/73 ha il termine fissato in 48 mesi decorrente da ogni singolo acconto e non dal saldo dell’imposta dovuta. A stabilirlo la Cassazione nell’ordinanza n. 12175/12 in cui ha anche confermato l’assoggettamento ad IRAP del professionista che si avvale di collaboratori in maniera non occasionale. In particolare, per quanto attiene il termine dell’istanza, la Cassazione accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate ha stabilito che “L’assunto della Commissione Tributaria Regionale secondo cui il termine di decadenza ex art. 38 DPR 602/73 decorrerebbe, per le somme versate a titolo di acconto IRAP, non dalla data del relativo versamento ma da quella del versamento del saldo urta contro il costante insegnamento di questa Corte secondo cui “il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso delle imposte sui redditi in caso di versamenti diretti, previsto dall’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (il quale concerne tutte le ipotesi di contestazione riguardanti i detti versamenti), decorre, nella ipotesi di effettuazione di versamenti in acconto, dal versamento del saldo solo nel caso in cui il relativo diritto derivi da un’eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto, oppure rispetto ad una successiva determinazione in via definitiva “dell’an” e del “quantum” dell’obbligazione fiscale, mentre non può che decorrere dal giorno dei singoli versamenti in acconto nel caso in cui questi, già all’atto della loro effettuazione, risultino parzialmente o totalmente non dovuti, poiché in questa ipotesi l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sussistono sin da tale momento”
(Cass. 13478/08; conformi sentt. 4251/07, 1198/05 e, nella giurisprudenza successiva, 24058/11)”.
FONTE:
TESTO DELL' ORDINANZA n. 12175 del 16 LUGLIO 2012
CORTE DI CASSAZIONE
L’Agenzia delle Entrate ricorre contro l’avvocatessa (…) per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato gli atti diniego di rimborso per l’IRAP versata dalla contribuente per gli anni dal 2000 al 2004.
Il ricorso si fonda su due motivi, entrambi riferiti al vizio di violazione di legge (art. 360 n. 3 cpc).
Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’articolo 38 DPR 602/73, per avere la sentenza gravata ritenuto che il termine di decadenza previsto da tale disposizione per la ripetizione di somme indebitamente versate a titolo di imposta decorresse, per le somme versate a titolo di acconto, non dalla data del relativo versamento ma da quella del versamento del saldo.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 3 D.Lgs. n. 446/1997, censurandosi la sentenza gravata per avere essa negato che l’attività professionale della contribuente – ancorché svolta, negli anni 2002 e 2003, con l’ausilio di dipendenti e collaboratori esterni – presentasse la connotazione dell’autonoma organizzazione; ciò sull’argomento dell’estrema esiguità dell’importo corrisposto ai suddetti collaboratori, rispetto al volume d’affari della professionista.
La contribuente si è costituita con controricorso.
Il primo motivo è manifestamente fondato.
L’assunto della Commissione Tributaria Regionale secondo cui il termine di decadenza ex art. 38 DPR 602/73 decorrerebbe, per le somme versate a titolo di acconto IRAP, non dalla data del relativo versamento ma da quella del versamento del saldo urta contro il costante insegnamento di questa Corte secondo cui “il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso delle imposte sui redditi in caso di versamenti diretti, previsto dall’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (il quale concerne tutte le ipotesi di contestazione riguardanti i detti versamenti), decorre, nella ipotesi di effettuazione di versamenti in acconto, dal versamento del saldo solo nel caso in cui il relativo diritto derivi da un’eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto, oppure rispetto ad una successiva determinazione in via definitiva “dell’an” e del “quantum” dell’obbligazione fiscale, mentre non può che decorrere dal giorno dei singoli versamenti in acconto nel caso in cui questi, già all’atto della loro effettuazione, risultino parzialmente o totalmente non dovuti, poiché in questa ipotesi l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sussistono sin da tale momento” (Cass. 13478/08; conformi sentt. 4251/07, 1198/05 e, nella giurisprudenza successiva, 24058/11).
II secondo motivo – non assorbito dal primo perché la domanda di ripetizione concerne anche versamenti per i quali la decadenza ex art. 38 DPR 602/73 non è maturata – è pur esso manifestamente fondato.
Al riguardo si premette che, come più volte chiarito da questa Corte (sentenze 36678/07, SSUU 12108/09, 10240/10, 21122/10, 8556/11), in tema di IRAP l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta ai giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo “l’id quod plerumque accidit”, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni.
Alla stregua di tali consolidati principi l’impiego non occasionale di lavoro altrui deve ritenersi di per sé integrativo del requisito dell’autonoma organizzazione, a prescindere dal rapporto tra il costo sostenuto dal professionista per compensare tale lavoro ed il volume d’affari del professionista medesimo; si veda, da ultimo, Cass. 10151/10: “In tema di IRAP, il ricorso al lavoro di terzi per la fornitura di tutti i necessari servizi (dalla telefonia al segretariato) in forma rilevante e non occasionale, ma continuativa, integra il presupposto dell’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, previsto dall’art. 2, comma 1, del dlgs. 15 dicembre 1997, n. 446, non rilevando che la struttura posta a sostegno e potenziamento dell’attività professionale del contribuente sia fornita da personale dipendente o da un terzo in base ad un contratto di fornitura; nonché, Cass. 10240/10, dove si afferma che, per i medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, la disponibilità di uno studio non integra, di per sé, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo purché “in assenza di personale dipendente”. In conclusione, si ritiene che il procedimento possa essere definito in camera di consiglio, con la declaratoria di manifesta fondatezza, nei termini di cui sopra, di entrambi i motivi di ricorso ed il conseguente rinvio alla Commissione Tributaria Regionale. .»
che la parte intimata è costituita con controricorso;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti;
che non sono state depositate memorie difensive.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio,
condivide le argomentazioni esposte nella relazione;
che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso va accolto e la sentenza gravata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in altra composizione, che si atterrà al principio di diritto sopra enunciato e regolerà anche le spese del presente giudizio.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in altra composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
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