ELUSIONE,
INTERPOSIZIONE FITTIZIA E POTERI DELLA CORTE DI CASSAZIONE.

Il caso esaminato
dalla Corte è quello di un soggetto che stipula un contratto preliminare di
compravendita di un terreno con un altro soggetto, incassando dall'acquirente
una somma (poi non restituita) a titolo di acconto, salvo poi donare detto
terreno alla figlia la quale a sua volta effettuerà la vendita al promissario
acquirente del padre.
L'avviso di
accertamento impugnato, notificato al padre promissario venditore, viene
confermato in primo grado ma poi annullato in secondo. Il ricorso proposto
dall'Agenzia contro la sentenza della CTR Piemonte viene, infine, accolto dalla
Corte di Cassazione con l'ordinanza in commento la quale rinvia la causa ad
altra sezione della medesima Commissione.
La decisione
emessa è fondata su due disposizioni: in primo luogo, l'art. 53 Costituzione
che renderebbe inopponibili all'amministrazione finanziare quei benefici
fiscali ottenuti da operazioni elusive; in secondo luogo, l'art. 37, co. 3,
D.P.R. 600/1973 che consente agli organi accertativi di imputare un reddito a
soggetti diversi dal titolare apparente laddove, anche sulla base di
presunzioni gravi, precise e concordanti, risulti che il contribuente accertato
ne sia il reale possessore e il titolare apparente un suo mero interposto. A
tal proposito La Corte precisa che tra le operazioni elusive e, in particolare,
quelle di interposizione personale fittizia ben possono essere ricomprese
quelle di simulazione relativa, in quanto l'art. 37, co. 3 sopra richiamato non
presuppone affatto la presenza di operazioni fraudolente. Laddove ciò venga
contestato è, quindi, onere del contribuente “fornire la prova della
esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti con carattere non
meramente marginale o teorico”.
Sulla base di
tali considerazioni ed evidenziando che “???” la Corte ha giudicato
l'operazione “preordinata a fini elusivi”, accogliendo pienamente il
ricorso dell'Ufficio.
L'ordinanza
appena illustrata non espone principi particolarmente innovativi e da questo
punto di vista, quindi, non appare particolarmente interessante.
Ciò che, invece,
lascia perplessi è il fatto che il giudizio emesso appare aver trasceso i
compiti propri della Corte di Cassazione. Essa, infatti, dovrebbe essere
principalmente preordinata a sanzionare omesse, insufficienti o contraddittorie
motivazioni delle sentenze impugnate ovvero a “correggere” interpretazioni
giuridiche errate, in quanto il giudizio sui fatti oggetto di causa è per
espressa volontà del legislatore di competenza esclusiva dei giudici del
merito.
Ciononostante,
sebbene effettivamente la sentenza di secondo grado potesse apparire “debole”
in punto fatto (ad esempio perché la titolarità del reddito in questione in
capo alla venditrice formale era fondata sulla sola materiale percezione del
prezzo) e gravida di numerose contraddittorietà, l'attenzione della Corte si è
incentrata non sulla mera evidenziazione delle incongruenze della motivazione
(lasciando, quindi, al giudice del rinvio un nuovo giudizio sul fatto) quanto,
invece, sull'affermazione dell'elusività dell'operazione in esame, con la
conseguenza che più che un giudizio “sulla sentenza” sembra di essere di fronte
a un giudizio “sul fatto”.
Avv. Diego Conte
– diego.conte@sltc.it
SLTC – Studio
legale tributario (www.sltc.it)
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