È ILLEGITTIMO L’ACCERTAMENTO FISCALE FUORI DALLA REALTA’
È palesemente illegittimo l’avviso di accertamento volto a far emergere la maggiore ricchezza di una persona fisica (cd accertamento “redditometro”) se l’Agenzia delle Entrate non considera la reale situazione del contribuente e della sua famiglia.
Ciò è quanto emerge da una recente sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Sondrio (sent. CTP di Sondrio n.24/2/11, liberamente visibile su www.studiolegalesances.it – Sez. Documenti), la quale chiarisce espressamente che “l’applicazione acritica e tabellare dei parametri costituisce … ormai solo presunzione semplice di maggior capacità reddituale, e quindi contributiva, e che per trovare efficace applicazione ai fini del recupero di imposta deve essere accompagnato e sostenuto da verifiche di fatto circostanziate e documentate circa la effettiva e reale capacità reddituale del soggetto verificato”.
Alla luce della predetta considerazione, viene quindi riconosciuto il valore meramente presuntivo dell’accertamento previsto dall’art. 38, comma 4, del DPR n.600/73 (cd “redditometro”), il quale è sostanzialmente basato sul concetto di possesso di beni=ricchezza presunta ossia secondo la logica che se il contribuente risulta possessore di una serie di beni (ad esempio un immobile, una vettura, un motoscafo, ecc.) deve necessariamente dichiarare quei redditi minimi che possano consentirgli di per poterli mantenere.
A fronte, dunque, di questa norma che appare sicuramente rispondente ad un principio di ragionevolezza e di giustizia tributaria (d’altronde appare fuori di ogni dubbio che qualcosa non torna se un contribuente dichiara redditi per 10.000,00 euro e possiede invece una serie di immobili e auto per il cui mantenimento è necessario avere almeno un reddito di 100.000,00 euro) occorre d’altra parte un ufficio dell’Agenzia delle Entrate che abbia la competenza e la volontà di applicare uno strumento del genere con la massima accortezza, valutando la situazione specifica di ogni contribuente.
Nel caso di specie, ad esempio, l’Agenzia non ha voluto considerare la situazione economica complessiva della famiglia della contribuente (trascurando il reddito del coniuge) e dunque non adattando l’accertamento fiscale alla realtà dei fatti.
Secondo i giudici di Sondrio, infatti, “questi elementi di buona capacità reddituale del nucleo familiare consentono ampliamente, a parere di questo Collegio, la capacità di spesa emergente dall’accertamento”.
Pertanto, concludono i giudici, “non si ravvisano … altri elementi aggiuntivi che giustifichino la ricerca di eventuali altri redditi non dichiarati o occulti che possano consentire il tenore di spesa evidenziato …”.
Ci si augura, dunque, che tale sentenza possa valere come monito per l’Agenzia delle Entrate a non applicare in modo freddo e acritico lo strumento del redditometro ma valutando attentamente la situazione specifica del contribuente, esaminando attentamente le sue considerazioni.
Avv. Matteo Sances
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