ACCERTAMENTI FISCALI E ONERE DELLA PROVA: NOVITA’
Stop della Corte di Cassazione agli accertamenti fiscali troppo “disinvolti”.
Secondo una recentissima sentenza della Suprema Corte, la presenza di un solo elemento volto a far presumere evasione di imposta – nel caso di specie, un floppy disc rinvenuto in azienda e contenente una serie di rapporti con clienti e fornitori – non è sufficiente ad attivare un accertamento fiscale che prescinda totalmente dalla contabilità del contribuente (sentenza della Corte di Cassazione n.3326 del 11 febbraio 2011).
Tale pronuncia, dunque, è intervenuta in merito al delicato tema dell’onere della prova e ai doveri dell’Agenzia delle Entrate in presenza di accertamenti basati su “mere presunzioni” (cd. accertamenti analitici/induttivi).
Tali accertamenti trovano il loro riferimento normativo negli articoli 39 e 40 del DPR n.600/73, dedicati alla rettifica dei redditi d’impresa, dove si specifica che “L’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti” (art. 39, comma 1, lett. d del DPR n.600/73).
Dall’esame della norma, quindi, si può agevolmente comprendere come la presenza di un solo indizio non sia sufficiente a legittimare un accertamento fiscale del genere.
La predetta decisione della Suprema Corte, dunque, risulta di sicura importanza in quanto chiarisce finalmente la ripartizione dell’onere probatorio tra Agenzia delle Entrate e contribuente in presenza di accertamenti analitici/induttivi, andando anche ad approfondire il tema delle presunzioni necessarie ad avvalorare tali contestazioni.
Avv. Matteo Sances
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