PERCHE’ CONFONDERE UN TRIBUTO CON UN CORRISPETTIVO (AMMESSO CHE LA TIA 2 LO SIA)

PERCHE’ CONFONDERE UN TRIBUTO CON UN CORRISPETTIVO (AMMESSO CHE LA TIA 2 LO SIA)

Con la Circolare n. 3/DF dell’11 novembre 2010, al punto 2.2, il Ministero dell’Economia è giunto a consentire l’affidamento diretto dell’attività di riscossione della Tariffa Integrata Ambientale (detta TIA2, per distinguerla dalla Tariffa di cui al Decreto Ronchi) al soggetto che gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti.
Non sembra accettabile la suddetta affermazione, in quanto nega la sostanziale e normativa differenza intercorrente tra TIA1 e TIA2:
- la TIA1 era un tributo, rientrante nella cognizione del giudice tributario e non imponibile ai fini IVA ai sensi di quanto sancito da costante Corte Costituzionale (S. 238/2009, Ordinanze 300/2009 e 64/2010), Cassazione (Sez. Trib. 17526/2007, S.U. 8313/2010), Consiglio di Stato (S. 1739/2010) ed anche autorevolissima dottrina.
- la TIA2, su cui non si è mai pronunciata né la Cassazione né la Corte Costituzionale, è un corrispettivo imponibile ai fini IVA, le cui controversie sono devolute al giudice ordinario. Infatti, l’art. 14 comma 33 D.L. 31/05/2010 n. 78 recita: “Le disposizioni di cui all’articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità ordinaria”. E’ indubbio che il Governo abbia legiferato non in merito alla vecchia TIA1 ex art. 49 D.Lgs. 22/97, ma alla TIA2.
L’abrogato art. 49 comma 13 D.Lgs. 22/1997 prevedeva che “la tariffa (TIA1) è riscossa dal soggetto che gestisce il servizio”, in deroga ai principi di cui all’art. 53 D.Lgs. 446/97 secondo cui l’affidamento dell’attività di accertamento e riscossione dei tributi locali può avvenire a mezzo gara a cui possono partecipare esclusivamente i soggetti iscritti in apposito Albo o in via diretta a società miste il cui socio privato sia iscritto al predetto albo.

Ma altrettanto vero è:
- Che l’abrogato art. 49 D.Lgs. 22/97 prevedeva l’affidamento della sola attività di riscossione e non dell’attività di accertamento.
- Che la TIA1 è rimasta in vigore solo in quei comuni che l’avevano adottata prima del 29/04/2006;
- Che il vigente art. 238 comma 5 D.Lgs. 152/2006, norma che non necessita di alcuna disciplina regolamentare ai fini della propria attuazione, al comma 5 ha previsto che “la riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata secondo le disposizioni del D.P.R. 29/09/1973 n. 602, mediante convenzione con l’Agenzia delle Entrate”. Dunque è illegittimo l’affidamento diretto dell’attività di accertamento e riscossione del tributo locale a soggetto non abilitato, diverso dall’Agenzia delle Entrate;
- Che l’art. 5 comma 2-quater D.L. 208/2008 ha previsto la facoltà dei comuni di adottare la TIA2 “ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti”, in particolare l’art. 238 D.Lgs. 152/2006 e il D.P.R. 158/1999;
- Che l’art. 10 del DPR 158/99, normativa attuativa dell’abrogato art. 49 D.Lgs. 22/1997, prevedeva, in forza dell’art. 49 comma 13 D.Lgs. 22/97 l’affidamento diretto della riscossione (e non dell’accertamento) della TIA1 alla società che gestisce la raccolta dei rifiuti. Tuttavia è pacifico che una norma, quale quella del DPR 158/99, non può derogare alle norme legislative successive e speciali.
Come precisato dal Consiglio di Stato (S. 750/2009) gli enti locali possono adottare la nuova TIA2 facendo riferimento ai coefficienti individuati dal DPR 27 aprile 1999 n. 158 in relazione alle finalità di assicurare il tasso di copertura del costo del servizio rifiuti o alle modalità di determinazione delle categorie di utenze non domestiche o delle misure tariffarie da applicare a ciascuna classe di utenza. Dunque, il DPR 158/1999 sarà applicabile sempre nei limiti delle previsioni di cui all’art. 238 D.Lgs. 152/06. Viene da sé che, qualora vi fossero delle norme attuative di leggi abrogate – quale è l’art. 10 DPR 158/99 - contrastanti con le prescrizioni legislative vigenti di cui al citato articolo 238, esse non troverebbero legittima applicazione.
Abrogato l’art. 49 D.Lgs. 22/97, è necessario che l’art. 10 DPR 158/99, affinché possa considerarsi vigente, non contrasti nè con la norma legislativa di cui all’art. 238 D.Lgs. 152/2006, nè con l’art. 53 D.Lgs. 446/97, nè con le norme comunitarie e nazionali relative agli affidamenti della gestione delle entrate pubbliche.
Dunque, se l’art. 49 comma 13 D.Lgs. 22/97 prevedeva una deroga ad altre norme legislative, dal 29/04/2006, vigente l’art. 238 D.Lgs. 152/2006, la suddetta deroga non ha più fondamento legislativo. Pertanto, in virtù delle fondamentali regole del nostro ordinamento, è inammissibile una deroga disposta da un DPR del 1999 nei confronti di norme legislative sia generali che speciali, nazionali o di derivazione comunitaria, emanate successivamente al 1999.
A ben vedere anche l’art. 238 T.U. Ambiente prevede una nuova deroga rispetto alla norma generale che impone il ricorso alla gara tra soggetti iscritti all’albo ex art. 53 D.Lgs. 446/97: l’affidamento all’Agenzia dell’Entrate previa convenzione. Non menziona, invece, alcun affidamento al soggetto gestore.
Conseguentemente, dal 29/04/2006 (data di soppressione della TIA1) non è più consentito l’affidamento diretto dell’entrata TIA alla società vincitrice della gara per l’affidamento delle attività di igiene urbana nel comprensorio comunale; tale affidamento diretto risulterebbe contra legem.
La Circolare ANCI n. 10/2010 in materia di TIA al punto 5) prescrive che qualsiasi affidamento a terzi sia della riscossione volontaria che di quella coattiva deve seguire le procedure di cui all’art. 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
Ad ogni modo, i suddetti principi trovano riscontro nella giurisprudenza amministrativa (sicuramente prevalente rispetto alla prassi ministeriale):
- L’individuazione degli evasori dei tributi locali, con relativa predisposizione di apposito elenco da consegnare all’amministrazione comunale, e l’individuazione e misurazione delle superfici delle unità immobiliari [specifico il riferimento al prelievo associato ai rifiuti] ai fini della corretta applicazione delle entrate locali costituiscono fasi del complesso procedimento di accertamento che consente all’ente locale di verificare le ragioni del suo credito e la sussistenza di un idoneo titolo giuridico, di individuare il debitore e di quantificare la somma da incassare, con conseguente impossibilità di affidare tali prestazioni a soggetti diversi da quelli indicati tassativamente dall’art. 52 comma 5 D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446 (TAR Campania 07/06/2001 n. 2638, confermata dal Consiglio di Stato sez.V 23/05/2003 n. 2792).
- I servizi inerenti alla liquidazione accertamento e riscossione dei tributi locali sono affidabili in convenzione a società a prevalente partecipazione di capitale pubblico, con socio privato iscritto all’apposito albo previsto dall’art. 53 del D.Lgs. 23 dicembre n. 446 (TAR Puglia 02/04/2002 n. 1659).
- L’amministrazione può affidare l’attività di riscossione ad un soggetto terzo, individuato mediante procedimento ad evidenza pubblica, anche se, trattandosi comunque di attività di riscossione di entrate, opererà la previsione di cui all’art. 53 d.lg. 15 dicembre 1997 n. 446 che impone l’iscrizione all’Albo speciale istituito presso il Ministero Finanze (TAR Campania sez.I 20/05/2004 n. 8867).
- La previsione normativa del requisito dell’iscrizione all’Albo Speciale integra un vero e proprio obbligo per le stazioni appaltanti di limitare la partecipazione a gare d’appalto per l’affidamento del servizio di riscossione solo a quelle imprese in possesso di tale requisito, il quale costituisce garanzia di affidabilità e capacità operativa assicurata attraverso la preselezione operata a monte mediante l’iscrizione (TAR Campania sez. I 20/05/2004 n. 8867).
In conclusione, l’eventuale delibera comunale con cui dovesse essere affidato direttamente ad un soggetto non iscritto all’albo dei concessionari la TIA2 dovrebbe essere illegittima in quanto con essa l’ente locale andrebbe ad esercitare un potere di cui il Comune non è più attributario.
Tra l’altro, un siffatto affidamento contrario ad ogni principio comunitario, comporterebbe l’affidamento ad una società che non ancora possiede i requisiti per l’iscrizione al predetto albo di banche dati sensibili per elaborare piani finanziari ed intraprendere tutte le attività propedeutiche alla gestione dell’accertamento e della riscossione tributaria.
Fino a quando non sarà conseguita l’iscrizione all’albo da parte dell’affidataria (€. 10.000.000,00 di capitale sociale interamente versato, una struttura di uomini e mezzi consolidata nella gestione tributaria e delle entrate patrimoniali degli enti locali con particolari requisiti tecnici, dipendenti la cui esperienza nel settore tributario è certificata a mezzo attestazioni continuamente monitorate dal Ministero Economia e Finanze) come potranno i contribuenti TIA sentirsi tutelati?
A ciò si aggiunga che ai sensi dell’art. 23 bis comma 8 D.L. 112/2008, al 31/12/2009, vengono a cessare, senza necessità di apposito provvedimento, tutte le concessioni di servizi pubblici affidati in passato senza gara sulla scorta della cessata distinzione tra rapporto concessorio e contratto d’appalto. Vengono così a cadere i presupposti che consentivano di mantenere i rapporti concessori in essere riguardanti i servizi di accertamento e riscossione volontaria e coattiva delle entrate, i quali andranno a cessare, senza bisogno di alcuna delibera, al prossimo 31/12/2010 qualora non siano conformi ai principi dell’evidenza pubblica che ispira l’intero impianto normativo degli affidamenti.
Il D.M. 11/09/2000 n. 289 Ministero Finanze intitolato “Regolamento relativo all’albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di liquidazione di accertamento e di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, ai sensi dell’articolo 53 comma 1 del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446”, riguarda tanto i tributi (come la Tariffa Igiene Ambientale ex art. 49 D.Lgs. 22/97 ai sensi della Corte Cost. 238/2009) quanto le “entrate delle province e dei comuni” (è dibattuta in dottrina la natura tributaria o di mero corrispettivo della Tariffa Integrata Ambientale ex art. 238 D.Lgs. 152/2006. Per molti trattasi di “prestazione patrimoniale imposta”, anche se stabilire la natura tributaria o patrimoniale è indifferente ai fini della necessità che il soggetto - o il socio privato in caso di società mista – accertatore e riscossore sia iscritto all’albo de quo).
Ai sensi dell’art. 1 del citato decreto, è indispensabile l’iscrizione all’albo anche per il solo compimento “delle attività connesse o complementari indirizzate al supporto delle attività di gestione tributaria e patrimoniale”.
Ai sensi degli artt. 3 e 8, la predetta iscrizione è subordinata al riconoscimento “dell’idoneità finanziaria”, oltre al “possesso di idoneo apparato organizzativo, funzionale allo svolgimento dei servizi affidati, nonché la presenza delle necessarie figure professionali”. Dall’esperienza vantata da un soggetto gestore che sino ad oggi non ha mai gestito un’entrata pubblica, l’unica competenza che può essere obiettivamente riconosciuta all’ipotetica affidataria riguarderà la materiale raccolta dei rifiuti e lo spezzamento delle aree comunali, non certo la materia fiscale o para-fiscale.
Ed ancora, appare opportuno tenere presente che le società miste, cosiddette aperte, costituite per finalità specifiche ma indifferenziate, non possono essere affidatarie dirette in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga al principio generale della gara. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, con sentenza 15 ottobre 2010, n. 7533 con la quale si precisa come la gara debba sempre essere esperita, non per trovare il terzo gestore del servizio, bensì il partner privato con cui gestirlo.
Già l’Adunanza Plenaria, nel 2008 ha chiarito i limiti dell’affidamento diretto alle società miste ai sensi dell’art. 113, comma 5, lett. b), del D.Lgs. 267/00. Il giudice amministrativo chiarì come, premesso che il principio generale è sempre quello della gara, e che l’affidamento diretto è sempre una deroga a tale principio, deroga consentita in casi di stretta interpretazione, la società mista si giustifica quale forma di partenariato pubblico-privato costituito per la gestione di uno specifico servizio per un tempo determinato. In questi casi non si può parlare di una esenzione dal principio della gara, ma di un mutamento dell’oggetto della gara, che deve sempre essere esperita, non per trovare il terzo gestore del servizio, bensì il partner privato con cui gestire il servizio. E’ evidente, quindi, che le società miste cosiddette aperte, costituite cioè per finalità specifiche ma indifferenziate, non possono essere affidatarie dirette in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga. Nella fattispecie, la partecipazione azionaria di una società costituita in precedenza, ancorché avente ad oggetto la gestione dei rifiuti, non è stata ritenuta sufficiente a legittimare l'affidamento diretto e ad escludere la necessità della gara.

Avv. Raffaele Scirè 
Via G.B. Vico, 45 04100 Latina

Commenti