E’ ILLEGITTIMA LA SOSPENSIVA A TERMINE PER IL RECUPERO DEGLI AIUTI DI STATO
Con Sentenza del 23 luglio scorso (sent. n. 281/2010), la Corte Costituzionale ha finalmente sancito l'incostituzionalità della norma che limitava a centocinquanta giorni la sospensione dell’esecuzione della cartella esattoriale disposta dal giudice in tema di recupero degli aiuti di Stato.
Tale pronuncia, dunque, permette di ristabilire il cd. principio costituzionale della “parità delle parti”, il quale risultava pesantemente compromesso una volta decorso il termine di durata della sospensiva del giudice.
Accadeva, infatti, che nonostante l’autorità giudiziaria valutasse la sommaria fondatezza dei motivi di illegittimità della cartella (cd fumus) oltre alla presenza del pericolo di un danno grave e irreparabile (periculum in mora) - derivante dal prosieguo dell’azione esecutiva - e dunque disponesse in via cautelare la sospensione dell’esecuzione, essa tuttavia non durava fino al deposito della sentenza ma perdeva comunque efficacia trascorsi centocinquanta giorni.
La Corte, dunque, ha nuovamente “equilibrato” la posizione processuale del cittadino comune rispetto a quella dell'Ente pubblico.
Con Sentenza del 23 luglio scorso (sent. n. 281/2010), la Corte Costituzionale ha finalmente sancito l'incostituzionalità della norma che limitava a centocinquanta giorni la sospensione dell’esecuzione della cartella esattoriale disposta dal giudice in tema di recupero degli aiuti di Stato.
Tale pronuncia, dunque, permette di ristabilire il cd. principio costituzionale della “parità delle parti”, il quale risultava pesantemente compromesso una volta decorso il termine di durata della sospensiva del giudice.
Accadeva, infatti, che nonostante l’autorità giudiziaria valutasse la sommaria fondatezza dei motivi di illegittimità della cartella (cd fumus) oltre alla presenza del pericolo di un danno grave e irreparabile (periculum in mora) - derivante dal prosieguo dell’azione esecutiva - e dunque disponesse in via cautelare la sospensione dell’esecuzione, essa tuttavia non durava fino al deposito della sentenza ma perdeva comunque efficacia trascorsi centocinquanta giorni.
La Corte, dunque, ha nuovamente “equilibrato” la posizione processuale del cittadino comune rispetto a quella dell'Ente pubblico.
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