Riportiamo il testo della sentenza della Corte Costituzionale
sull'equiparazione della notifica ex art.140 c.p.c. alla notifica per postale.
Prima della sentenza in oggetto (VECCHIA DISCIPLINA)
il quadro normativo era il seguente:
- nelle notificazioni a mezzo posta: la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata informativaovvero dalla data di ritiro del piego, se anteriore;
- nella disciplina di cui all'art. 140 cpc, invece, si dà rilievo, ai fini del perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario, alla sola spedizione della raccomandata informativa.
Grazie all'intervento della consulta è avvenuta
l'equiparazione della notifica ex.art.140 c.p.c. a quella
postale in quando è stato sancito che:
la notifica ( ex art.140) si perfeziona, per il destinatario, non con il semplice invio a cura dell’agente postale della raccomandata che dà avviso dell’infruttuoso accesso, ma decorsi dieci giorni dall’inoltro della raccomandata o nel minor termine costituito dall’effettivo ritiro del plico in giacenza. SENTENZA N. 3
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 140 del codice di procedura civile
(Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia), promossi dal Tribunale di Bologna con
ordinanza dell’11 febbraio 2008 e dalla Corte d’appello di Milano con ordinanza del 22
dicembre 2008, rispettivamente iscritte ai nn. 75 e 88 del registro ordinanze 2009 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nn. 11 e 13, prima serie speciale,
dell’anno 2009.
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Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 novembre 2009 il Giudice relatore Paolo
Maddalena.
Ritenuto in fatto
1. ¾ Con ordinanza emessa in data 11 febbraio 2008 (reg. ord. n. 75 del 2009), il
Tribunale ordinario di Bologna ha sollevato, in riferimento agli artt. 111, primo e
secondo comma, 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, questione
di legittimità costituzionale dell’art. 140 cod. proc. civ. (Irreperibilità o rifiuto di
ricevere la copia), nella parte in cui non prevede che il contraddittorio si instauri
all’atto della consegna al destinatario o a chi per esso della raccomandata
informativa, o, qualora la consegna non sia ancora avvenuta, al verificarsi della
compiuta giacenza della suddetta raccomandata.
La questione è stata sollevata nel corso di un giudizio nel quale si discute
della tempestività dell’opposizione ad un decreto ingiuntivo la cui notificazione è
stata effettuata ex art. 140 cod. proc. civ.
In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente ricorda che la Corte
costituzionale è intervenuta più volte (a partire dalla sentenza n. 213 del 1975, fino
all’ordinanza n. 97 del 2004) a proposito dell’art. 140 cod. proc. civ., sempre
disattendendo le eccezioni di illegittimità prospettate in relazione al fatto che il
perfezionamento della notifica si verifica al compimento delle formalità prescritte
dalla norma, e non alla ricezione della raccomandata.
Il Tribunale di Bologna osserva che il diritto vivente relativo all’art. 140 cod.
proc. civ. si evince ora da due arresti delle Sezioni unite, entrambi posteriori
all’ultimo intervento della Corte costituzionale.
L’ordinanza n. 458 del 2005, nell’affermare la nullità della notifica ex art. 140
cod. proc. civ. nell’ipotesi in cui non sia allegato l’avviso di ricevimento della
raccomandata all’originale dell’atto notificato, ha precisato che il dettato della
norma realmente impone di ritenere che il perfezionamento si realizzi con la
spedizione della raccomandata, anche perché, essendo questa diretta a disciplinare
un effetto legale tipico (di conoscibilità), sul piano logico è ragionevole ritenere
che il legislatore abbia inteso ancorare tale effetto ad una data certa qual è quella
derivante dalla spedizione della raccomandata stessa.
Ad avviso del rimettente, con questa pronuncia la Corte di cassazione avrebbe
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affiancato all’effetto anticipato per il notificante un ulteriore provvisorio e
anticipato effetto per il destinatario.
Secondo il Tribunale di Bologna, se appare logico che, essendo il notificante
il primo soggetto che entra nel procedimento (attivandolo), l’effetto a lui rapportato
sia anticipato e dunque provvisorio, non può non destare perplessità ritenere tale
anche l’effetto per il destinatario, che ontologicamente dovrebbe concludere la
sequenza procedimentale. E – osserva il rimettente – non si vede come sia possibile
che un atto perfezionato divenga successivamente nullo per non avere raggiunto il
suo scopo in base ad un quid pluris esterno.
Il giudice a quo precisa che una correzione di questo “problematico” profilo
viene dall’ordinanza n. 627 del 2008, con la quale le Sezioni unite hanno affermato
che, nel caso della notifica del ricorso per cassazione sia a mezzo posta sia ex
art.140 cod. proc. civ., l’avviso di ricevimento non è un elemento costitutivo della
notifica, bensì esclusivamente una prova dell’intervenuto perfezionamento del
procedimento notificatorio e dunque dell’instaurazione del contraddittorio. La sua
mancata produzione, quindi, si pone ora su un piano probatorio anziché su quello
della validità, per cui non sussiste più una necessità di consolidamento dell’effetto
perfezionativo verso il destinatario, che è già determinato dalla spedizione della
raccomandata.
Tale essendo il diritto vivente formatosi sull’art. 140 cod. proc. civ., da
intendere nel senso che la spedizione della raccomandata ne rappresenta il
perfezionamento per il destinatario, il rimettente si chiede come possa, da sola, la
spedizione inserire l’atto nella sfera di conoscibilità di quest’ultimo, se non
fondandosi su una perfetta e drastica fictio iuris. Secondo il giudice a quo, sussiste
conoscibilità nel momento in cui un atto entra nella sfera del destinatario, il che
accade successivamente al momento in cui viene spedito in tale direzione. Ciò
troverebbe riscontro, sul piano sostanziale, nell’art. 1335 cod. civ., che pone la
presunzione di conoscenza degli atti ricettizi nel momento in cui giungono
all’indirizzo del destinatario, e non nel momento in cui sono spediti a tale indirizzo.
Questa realtà logica è alla radice della previsione, nell’art. 140 cod proc. civ.,
della raccomandata “con avviso di ricevimento”; ed è alla radice, altresì, delle
considerazioni sul ruolo da attribuire a tale avviso nelle sopra citate ordinanze delle
Sezioni unite.
Ad avviso del rimettente, non vi sarebbe un’adeguata tutela per il destinatario
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che si costituisce: «se il destinatario si costituisce, per legge egli ha avuto
conoscenza non quando la raccomandata informativa è giunta al suo indirizzo, bensì
quando vi è stata spedita».
Per il destinatario che si costituisce vi sarebbe una riduzione dei termini a
difesa (siano quelli per proporre una opposizione, siano quelli di comparizione per
una costituzione tempestiva) rispetto ai soggetti che ricevono la notifica a mani
proprie oppure a mezzo posta.
Nel complessivo sistema notificatorio civile, nessuna altra ipotesi di
notificazione confliggerebbe così evidentemente con il principio della ricezione.
Ad avviso del Tribunale rimettente, identificare, qualora il processo sia
avviato con notifica ex art. 140 cod. proc. civ., l’instaurazione del contraddittorio
con il momento perfezionativo della notifica dal punto di vista solo del notificante,
senza tenere conto del momento in cui l’atto informativo entra (che è cosa diversa
dall’esservi spedito) nella sfera di conoscibilità del notificato, significherebbe da
un lato configurare il contraddittorio come mero simulacro e non in modo effettivo
(il che contrasterebbe con l’art. 111, secondo comma, Cost. nella parte in cui
impone l’effettività del contraddittorio in ogni processo), dall’altro far prevalere la
posizione del notificante su quella del notificato senza che ciò sia supportato da una
ragionevole esigenza di tutela del notificante (il che contrasterebbe sia con il
principio della parità delle parti sempre dettato dalla stessa norma costituzionale,
sia con l’ancor più generale principio della “giustizia del processo”, rinvenibile
nell’art. 111, primo comma, Cost.).
L’insussistenza di motivi di ragionevolezza alla base della fictio iuris che
identifica l’instaurazione del contraddittorio ex art. 140 cod. proc. civ.
contrasterebbe con l’art. 3, primo comma, Cost., nella sua accezione di precetto
impositivo della ragionevolezza come confine della discrezionalità del legislatore
ordinario.
Infine, la “retrocessione” del contraddittorio, che l’art. 140 cod. proc. civ.
impone tramite fictio iuris, lederebbe l’art. 24 Cost., nella parte in cui, al secondo
comma, tutela il diritto di difesa come inviolabile in ogni stato del processo, e
quindi anche al momento dell’instaurazione del contraddittorio: i termini di difesa
che il legislatore concede a seguito della in ius vocatio sono infatti ridotti per chi
subisce la notifica ex art. 140 cod. proc. civ. in misura superiore a quella necessaria
per rendere attuabile in tempi ragionevoli il perfezionamento della notifica.
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2. ¾ Nel giudizio dinanzi alla Corte costituzionale è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha
concluso per l’inammissibilità o, comunque, per l’infondatezza della questione.
La questione sarebbe inammissibile, perché il Tribunale di Bologna non avrebbe
indicato per quale ragione non possa essere data una lettura costituzionalmente orientata
dell’art. 140 cod. proc. civ.
In ogni caso, ad avviso della difesa erariale, la questione sarebbe infondata nel
merito.
L’art. 140 cod. proc. civ. e l’art. 149 cod. proc. civ. non sarebbero utilmente
comparabili, in quanto perseguono diverse finalità. Mentre la disciplina dettata dall’art.
140 cod. proc. civ. – per l’ipotesi di notificazione eseguita personalmente dall’ufficiale
giudiziario, ma resa impossibile per irreperibilità o rifiuto del destinatario – è ispirata
all’evidente fine di non pregiudicare il diritto di difesa del notificante, a causa di
circostanze personali o di possibili comportamenti dilatori del destinatario; l’art. 149
cod. proc. civ., invece, riguarda la diversa ipotesi di notificazione effettuata a mezzo del
servizio postale e persegue l’inderogabile finalità di tutelare il diritto di difesa del
notificatario.
La questione sollevata in riferimento all’art. 24 Cost. sarebbe, in via preliminare,
inammissibile, perché il giudice rimettente non spiegherebbe quale sarebbe il termine
“normale” per la difesa ed in quale misura esso sarebbe ridotto. In ogni caso, essa
sarebbe infondata nel merito. Difatti, nell’ipotesi di notifica ex art. 140 cod. proc. civ. ciò
che viene spedito con la raccomandata con avviso di ricevimento è l’avviso con il quale
l’ufficiale giudiziario comunica alla parte di avere effettuato il deposito dell’atto nella
casa comunale; nella notificazione a mezzo posta, invece, ciò che viene spedito è proprio
l’atto da notificare. Pertanto, un problema di conoscenza effettiva dell’atto in questione,
per l’ipotesi di notifica ex art. 140 cod. proc. civ., non si pone mai, in quanto, appunto,
anche con la ricezione della raccomandata il destinatario non viene a conoscenza del
contenuto dell’atto.
La difesa erariale esclude, infine, che si ponga un problema di violazione del
giusto processo e del principio dell’effettività del contraddittorio.
3. ¾ Con ordinanza emessa il 22 dicembre 2008 (reg. ord. n. 88 del 2009), la
Corte d’appello di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questione di
legittimità costituzionale dell’art. 140 cod. proc. civ., nella parte in cui, secondo il diritto
vivente, fa decorrere gli effetti della notifica, per il destinatario della stessa, dal momento
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in cui l’ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito il deposito dell’atto da notificare presso la
casa comunale ed aver affisso il prescritto avviso alla porta dell’abitazione del destinatario,
completa l’iter notificatorio inviando al destinatario medesimo una raccomandata con
avviso di ricevimento contenente notizia dell’avvenuto deposito, anziché prevedere che la
notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera
raccomandata ovvero dalla data del ritiro della copia dell’atto, se anteriore, in modo
analogo a quanto previsto dall’art. 8, quarto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890
(Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la
notificazione di atti giudiziari), come modificato dall’art. 2 del decreto-legge 14 marzo
2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo
economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio
2005, n. 80.
La Corte d’appello motiva la sussistenza del requisito della rilevanza osservando
che nel giudizio si discute proprio di quale sia la data di notifica del decreto ingiuntivo –
effettuata ex art. 140 cod. proc. civ. – da considerare efficace per i destinatari, attuali
appellanti. Seguendosi la tesi della Corte di cassazione, fatta propria dal primo giudice,
secondo cui tale data coinciderebbe con il giorno in cui l’ufficiale giudiziario spedisce al
destinatario la raccomandata (nella specie il 22 marzo 2004), l’opposizione dovrebbe
considerarsi tardiva e quindi improcedibile, perché proposta oltre il termine decadenziale
di quaranta giorni di cui all’art. 641, primo comma, cod. proc. civ. (l’atto di opposizione
essendo stato notificato a mezzo posta e consegnato agli ufficiali giudiziari in data 4
maggio 2004); mentre, reputandosi che la data coincida con il giorno di effettivo ritiro
del piego (30 marzo 2004) o con il decorso dei dieci giorni successivi alla spedizione (1°
aprile 2004), l’opposizione monitoria dovrebbe considerarsi tempestiva e quindi
procedibile.
Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo osserva che l’art. 140 cod.
proc. civ. e l’art. 8 della legge n. 890 del 1982 prevedono modalità notificatorie alquanto
simili in presenza di analoghi presupposti di fatto. In entrambi i casi, la notifica non può
effettuarsi direttamente al destinatario, perché questi non è reperibile in loco o perché le
persone abilitate a ricevere il piego in luogo di lui rifiutano di riceverlo, ovvero perché vi è
temporanea assenza del destinatario o la mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra
menzionate. In un caso, quello di cui all’art. 140 cod. proc. civ., l’ufficiale giudiziario
deposita la copia dell’atto da notificare nella casa del comune dove la notificazione deve
eseguirsi, affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o
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dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, e gliene dà notizia per raccomandata con avviso
di ricevimento; analogamente, nel caso di notifica ex art. 8 della legge n. 890 del 1982,
l’agente postale deposita il piego presso l’ufficio postale preposto alla consegna o presso una
sua dipendenza, e del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l’ufficio
postale o una sua dipendenza dà notizia al destinatario mediante avviso in busta chiusa a
mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento. In sostanza, l’unica vera differenza
strutturale sarebbe che, nell’un caso, l’ufficiale giudiziario provvede al deposito della copia
presso la casa comunale, mentre, nell’altro, l’agente postale provvede al deposito del piego
presso l’ufficio postale.
Si tratta allora di verificare – prosegue il rimettente – se questa differenza possa ex se
giustificare l’operare della successiva regola differenziatrice secondo cui solo nella notifica
postale il destinatario ha dieci giorni di tempo dalla spedizione della raccomandata per
ritirare l’atto presso l’ufficio postale, senza che tale periodo decorra a suo svantaggio,
laddove l’art. 140 cod. proc. civ. – secondo la tradizionale interpretazione di legittimità – fa
coincidere la data della notifica con la stessa data di spedizione della raccomandata.
A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 346 del 1998, il legislatore – con
l’art. 2 del decreto-legge n. 35 del 2005 – non si è limitato a introdurre in modo espresso
l’obbligo di spedizione della raccomandata, ma ha anche posto una regola di maggior tutela
per il destinatario della notifica a mezzo posta attraverso la fissazione di un termine (massimo) di
dieci giorni per il ritiro del piego, termine utile a far decorrere gli effetti della notifica per il
destinatario stesso al fine dello svolgimento di ogni ulteriore e successiva attività
processuale di suo interesse. Pertanto, quanto alle notifiche di atti giudiziari a mezzo posta
nei casi di assenza o rifiuto di cui all’art. 8, secondo comma, della legge n. 890 del 1982, il
sistema – ormai basato sul generale principio di scissione soggettiva del momento
perfezionativo del procedimento notificatorio – si completa in questo senso: per il
notificante, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002, la notifica si
perfeziona comunque al momento della consegna dell’atto da notificare; per il notificatario,
si perfeziona decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al
secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore.
Posto che, secondo l’esegesi consolidata della Corte di cassazione, la data di notifica
ex art. 140 cod. proc. civ. coincide per il destinatario con l’invio della raccomandata,
l’esistenza stessa di tale interpretazione, ad avviso del rimettente, configura e conforma il
precetto normativo e non consente di percorrere una interpretazione difforme che si pretenda
costituzionalmente orientata.
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Così interpretata, la disposizione denunciata violerebbe l’art. 3 Cost., perché casi
identici verrebbero trattati in modo ingiustificatamente diverso. Difatti, l’art. 8, quarto
comma, della legge n. 890 del 1982, dando un termine (massimo) di dieci giorni per il ritiro
del piego, elimina in radice l’ingiusta erosione del termine per svolgere le successive attività
difensive (come nel caso di specie per proporre opposizione a decreto ingiuntivo), riportando
la situazione di garanzia delle parti in equilibrio: per un verso, lascia un tempo congruo al
destinatario per ritirare l’atto; mentre, per l’altro, non rende troppo onerosa la notifica per il
mittente, che, comunque, potrà dare per notificato l’atto decorso il termine di dieci giorni.
Un simile effetto non è garantito dall’art. 140 cod. proc. civ., esponendo il destinatario
di una notifica effettuata ai sensi di tale norma ad un trattamento meno garantista, pur in
presenza di presupposti di fatto analoghi, e per di più sulla base di una scelta della tipologia
di notifica che viene effettuata, di norma, da soggetti, l’ufficiale giudiziario e il notificante,
privi di qualsivoglia interesse alla conoscibilità dell’atto da parte del notificatario.
Vi sarebbe anche un contrasto con l’art. 24 Cost., per la minor tutela offerta al
destinatario di una notifica ex art. 140 cod. proc. civ., essendo questi costretto a presidiare
con tendenziale continuità la sua cassetta postale anche in periodo di vacanza o ferie, per
evitare il rischio di perdere tempo utile al compimento di attività difensive che prendano data
a partire dall’avvenuta notifica, mentre molto meno rischiosa e onerosa è la situazione del
destinatario di una notifica postale ex art. 8 della legge n. 890 del 1982.
Del resto, la stessa Corte di cassazione, con l’ordinanza delle Sezioni unite n. 458 del
2005, anche se ha ritenuto che per il notificante la notifica ex art. 140 cod. proc. civ. prenda
effetto dalla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, ha considerato comunque
necessario che il notificante, esibendo l’avviso di ricevimento, ponga il giudice nelle
condizioni di verificare se l’atto sia stato effettivamente consegnato al destinatario o sia
comunque convenientemente entrato nella sua sfera di conoscibilità. Ciò, ad avviso del
rimettente, significa che non ha più alcun rilievo la circostanza che, spedendo l’avviso ex art.
140 cod. proc. civ., l’ufficiale giudiziario metta il notificatario potenzialmente in grado di
conoscere la natura dell’atto notificando, poiché ciò che conta, nella nuova ricostruzione
interpretativa della Corte stessa, è la produzione dell’avviso di ricevimento come strumento
per accertare l’effettiva conoscenza o conoscibilità dell’atto. Pertanto non vi sarebbe più
motivo di distinguere le due forme di notifica in esame sulla base di una differenza – la
possibilità di immediata conoscenza dei dati salienti dell’atto da notificare per la presenza
delle indicazioni prescritte dall’art. 48 disp. att. cod. proc. civ. – che non rileva comunque ai
fini della decorrenza di efficacia della notifica ex art. 140 cod. proc. civ., né per il notificante,
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né per il notificatario.
4. ¾ Nel giudizio dinanzi alla Corte costituzionale è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha
concluso per l’infondatezza della questione.
Dopo avere rilevato che l’art. 140 cod. proc. civ. e l’art. 8 della legge n. 890 del
1982 non sarebbero utilmente comparabili, l’Avvocatura osserva che la questione
sarebbe infondata anche in riferimento all’art. 24 Cost. Sotto quest’ultimo profilo, la
difesa erariale premette che il problema prospettato dal rimettente si pone per tutte le
notificazioni effettuate attraverso la spedizione di una raccomandata e che il termine di
dieci giorni previsto dal citato art. 8 non costituirebbe idonea tutela per il destinatario.
5. ¾ In prossimità della camera di consiglio, l’Avvocatura generale dello Stato ha
depositato, nell’uno e nell’altro giudizio, memorie illustrative.
La difesa erariale – nel ribadire che la giurisprudenza costituzionale, sin dal 1975,
ha affermato la legittimità costituzionale della norma denunciata con riguardo al
perfezionamento della notificazione con decorrenza dalla data di spedizione della
raccomandata e non da quella del ricevimento della stessa – osserva, con riguardo alla
questione sollevata dal Tribunale di Bologna, che l’ordinanza di rimessione non
prospetta profili di illegittimità nuovi o diversi da quelli già sottoposti ed esaminati dalla
Corte costituzionale. La differente disciplina del perfezionamento del procedimento
notificatorio dell’art. 140 cod. proc. civ. rispetto a quello della notifica a mezzo posta –
si afferma – è stata ampiamente giustificata dalla Corte costituzionale. Inoltre, ad avviso
della difesa erariale, il rispetto del principio dell’effettività del contraddittorio, quale
corollario del più ampio principio del giusto processo sancito dall’art. 111 Cost., non
aggiunge nulla rispetto a quanto è stato già stabilito dalla Corte costituzionale con
riferimento al diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost. La questione sarebbe altresì
infondata se analizzata alla luce della fattispecie concreta, avendo il debitore goduto di
un lasso di tempo più che congruo (quaranta giorni) per approntare la propria difesa e
per notificare l’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo.
In relazione alla questione sollevata dalla Corte d’appello di Milano, l’Avvocatura
osserva che, con la sentenza n. 346 del 1998, la Corte costituzionale non ha affermato la
necessità che tutti i procedimenti notificatori siano identici o strettamente omogenei –
ciò che lederebbe la discrezionalità legislativa – bensì che viola il diritto di difesa la
mancanza di un avviso del compimento delle formalità di cui all’art. 8 della legge n.
890 del 1982 e la ristrettezza del termine di dieci giorni a seguito dei quali l’ufficio
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postale poteva rispedire al mittente l’atto senza che il destinatario avesse più la
possibilità di reperirlo.
Secondo la difesa erariale, le modalità della notifica stabilite dall’art. 140 cod.
proc. civ. garantiscono i diritti di difesa ed il ragionevole trattamento, non venendo in
gioco alcuna necessità di uniformarle ulteriormente senza invadere il campo della
discrezionalità propria del legislatore.
Considerato in diritto
1. ¾ Le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale ordinario di
Bologna (reg. ord. n. 75 del 2009) e dalla Corte d’appello di Milano (reg. ord. n. 88 del
2009), investono l’art. 140 cod. proc. civ., il quale, sotto la rubrica «Irreperibilità o rifiuto di
ricevere la copia», prevede che se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o
per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’articolo precedente, l’ufficiale
giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi,
affigge avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o
dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, e gliene dà notizia per raccomandata con
avviso di ricevimento.
L’art. 140 cod. proc. civ. è denunciato da entrambi i rimettenti nella parte in cui,
secondo il diritto vivente – quale risulta dalla consolidata giurisprudenza della Corte di
cassazione, anche a Sezioni unite –, fa decorrere gli effetti della notifica, nei confronti del
destinatario della stessa, dal compimento dell’ultimo degli adempimenti prescritti, ossia
dalla spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento.
Così interpretata, la norma denunciata – non prevedendo che il contraddittorio si
instauri all’atto della consegna al destinatario o a chi per esso della raccomandata
informativa o, qualora la consegna non sia ancora avvenuta, al verificarsi della compiuta
giacenza della suddetta raccomandata – violerebbe, ad avviso del Tribunale di Bologna, gli
artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 111, primo e secondo comma, della
Costituzione, per irragionevolezza, per ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla
notificazione di atti giudiziari a mezzo posta, per l’incidenza sul diritto di difesa del
destinatario di atti notificati ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. e per la lesione dei principi
costituzionali in materia di giusto processo (contraddittorio e parità delle parti).
Lo scrutinio di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., è
sollecitato dalla Corte d’appello di Milano attraverso l’indicazione, come tertium
comparationis, dell’art. 8, quarto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890
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(Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la
notificazione di atti giudiziari), come modificato dall’art. 2 del decreto-legge 14 marzo
2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo
economico, sociale e territoriale), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio
2005, n. 80, che fa coincidere il compimento della notificazione dal lato del destinatario con
il decorso di dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata ovvero con la
data del ritiro della copia dell’atto, se anteriore.
2. ¾ Entrambe le ordinanze di rimessione attengono a questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 140 cod. proc. civ. e sono sollevate sotto profili analoghi; i relativi
giudizi possono pertanto essere riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia.
3. ¾ Preliminarmente, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata
dall’Avvocatura generale dello Stato con riguardo all’ordinanza di rimessione del Tribunale
ordinario di Bologna sul rilievo che il giudice a quo sarebbe venuto meno all’onere di
sperimentare la praticabilità di un’interpretazione adeguatrice.
Il giudice rimettente ha preso atto dell’essersi formata una interpretazione costante,
proveniente dalla stessa Corte di cassazione, in termini di diritto vivente, ed ha richiesto
l’intervento di questa Corte affinché controlli la compatibilità dell’indirizzo consolidato con
i principi costituzionali.
4. ¾ La questione sollevata dal Tribunale ordinario di Bologna è inammissibile per
un’altra preliminare ragione, ossia per mancata motivazione sulla rilevanza della questione.
Il giudice rimettente, infatti, ha omesso sia di descrivere compiutamente la fattispecie
concreta sottoposta al suo esame sia di precisare quali effetti avrebbe, nel giudizio a quo, la
sollecitata dichiarazione di illegittimità costituzionale.
5. ¾ La questione sollevata dalla Corte d’appello di Milano è, invece, fondata.
5.1. ¾ Questa Corte ha già avuto occasione di scrutinare questioni di legittimità
costituzionale aventi ad oggetto l’art. 140 cod. proc. civ., interpretato nel senso che la
notificazione debba ritenersi perfezionata con la spedizione della raccomandata e non con il
suo recapito.
La sentenza n. 213 del 1975 ha dichiarato la questione non fondata in riferimento agli
artt. 3 e 24 della Costituzione.
Premesso che «non esistono impedimenti di ordine costituzionale a che le modalità
delle notifiche siano diversamente disciplinate, in relazione ai singoli procedimenti e
agl’interessi che attraverso essi debbono trovare tutela», questa Corte ha rilevato che
«nell’ambito del processo civile, ai fini della garanzia del diritto di difesa del destinatario
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delle notificazioni per ufficiale giudiziario deve ritenersi sufficiente che copia dell’atto
pervenga nella sfera di disponibilità del destinatario medesimo», essendo «ovvio che, ove
questi si allontani, sia un suo onere predisporre le cose in modo che possa essere informato
di eventuali comunicazioni che siano a lui dirette».
La sentenza n. 213 del 1975 ha inoltre precisato che, nell’ambito del processo civile,
«il diritto di difesa di ciascuna parte va contemperato con quello dell’altra, cosicché, con
riguardo alle notifiche, a ragione vengono tenuti presenti non solo gli interessi del
destinatario dell’atto, ma anche le esigenze del notificante, sul quale possono gravare oneri
di notifica entro termini di decadenza». Infine, ha sottolineato che non è utile la
comparazione con l’art. 149 cod. proc. civ., il quale, al contrario dell’art. 140 cod. proc. civ.,
dispone, in caso di notificazione a mezzo posta, che l’avviso di ricevimento della
raccomandata debba essere allegato all’originale, con la conseguenza che la notifica va
considerata perfezionata solo alla data della ricezione della raccomandata. Secondo la
sentenza, infatti, la notifica a mezzo posta non prevede per il destinatario maggiori garanzie
di quelle previste dall’art. 140 cod. proc. civ.: nel caso di notifica per posta, «la ricevuta di
ritorno riguarda l’unica operazione predisposta perché l’atto pervenga nella sfera del
destinatario ed equivale alla relata che l’ufficiale giudiziario appone in calce all’originale
dell’atto qualora questo sia notificato ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. Se il destinatario è
irreperibile o il plico venga rifiutato, si ha affissione di avviso presso la casa del destinatario
e se ne fa menzione nella ricevuta di ritorno (così come nel caso dell’art. 140 se ne fa
menzione nella relata dell’ufficiale giudiziario), ma manca completamente il secondo avviso
di cui all’art. 140 cod. proc. civ.».
Altre pronunce hanno confermato questa conclusione. Le ordinanze n. 76 e n. 148 del
1976, n. 57 del 1978 e n. 192 del 1980 hanno dichiarato la manifesta infondatezza di
analoghe questioni di legittimità costituzionale della medesima disposizione, sollevate nella
parte in cui questa consente di ritenere perfetta la notifica dalla data di spedizione della
raccomandata da esso prescritta e non da quella della sua ricezione. La sentenza n. 250 del
1986 ricorda che la notificazione effettuata ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. si perfeziona
dopo il deposito della copia dell’atto nella casa comunale e l’affissione dell’avviso alla porta
dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e con la spedizione a
quest’ultimo della raccomandata con avviso di ricevimento, senza che rilevino ai fini della
perfezione della notificazione la consegna della raccomandata al destinatario e l’allegazione
all’originale dell’atto dell’avviso di ricevimento. E l’ordinanza n. 904 del 1988 precisa che
«una volta realizzata la fondamentale esigenza dell’immissione della copia dell’atto da
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notificare nella sfera di disponibilità del destinatario – esigenza certamente soddisfatta
dall’art. 140 cod. proc. civ. con l’affissione dell’avviso di deposito – l’adozione di ulteriori
correttivi in senso garantista della disciplina in subiecta materia resta riservata alle scelte
discrezionali del legislatore, in relazione a situazioni di volta in volta differenti».
5.2. ¾ I successivi sviluppi della giurisprudenza costituzionale impongono di
rimeditare queste conclusioni.
5.2.1. ¾ In primo luogo, la ratio che giustificava la spedizione della raccomandata
come momento perfezionativo della notificazione ex art. 140 cod. proc. civ. in relazione alla
necessità di bilanciare gli opposti interessi del notificante e del destinatario e all’esigenza di
non addossare al primo i rischi inerenti al decorso del tempo per la consegna della
raccomandata, non è più riproponibile nel sistema delle notifiche derivante dalla sentenza di
questa Corte n. 477 del 2002. Per effetto di detta sentenza (con cui è stata dichiarata
l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 cod. proc. civ. e dell’art. 4,
terzo comma, della legge n. 890 del 1982, nella parte in cui prevedeva che la notificazione si
perfezionasse, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario
anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario) risulta infatti
ormai presente nell’ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle
notificazioni degli atti, il principio secondo il quale il momento in cui la notifica si deve
considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui essa si
perfeziona per il destinatario; con la conseguenza che, anche per le notificazioni eseguite
ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., al fine del rispetto di un termine pendente a carico
del notificante, è sufficiente che l’atto sia consegnato all’ufficiale giudiziario entro il
predetto termine, mentre le formalità previste dal citato art. 140 possono essere eseguite
anche in un momento successivo (sentenza n. 28 del 2004; ordinanza n. 97 del 2004).
Ciò comporta che, mentre il notificante ex art. 140 cod. proc. civ., sia pure
subordinatamente al buon esito della notifica, evita ogni decadenza a suo carico con la
consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, il destinatario – in un contesto che, dal punto
di vista del perfezionamento della notifica, continua ad essere ancorato alla spedizione
della raccomandata informativa, trascurando la ricezione della stessa (o gli altri modi
considerati dal sistema equipollenti) – soffre di una riduzione dei termini per lo
svolgimento delle successive attività difensive, giacché questi cominciano a decorrere da
un momento anteriore rispetto a quello dell’effettiva conoscibilità dell’atto.
Né la presunzione di conoscenza dell’atto da parte del destinatario con la semplice
spedizione della raccomandata prevista dall’art. 140 cod. proc. civ. può ulteriormente
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giustificarsi con il ritenere che sia onere del destinatario, ove si allontani, di predisporre
le cose in modo da poter essere informato di eventuali comunicazioni che siano a lui
dirette. Difatti, l’evoluzione della vita moderna e gli spostamenti sempre più frequenti
per la generalità delle persone fanno sì che l’onere di assunzione di misure precauzionali
in vista di eventuali notificazioni non può operare anche in caso di assenze brevi del
destinatario, poiché altrimenti il suo diritto di difesa sarebbe condizionato da oneri
eccessivi.
5.2.2. ¾ In secondo luogo, è da tener presente che questa Corte, con la sentenza
n. 346 del 1998, ha giudicato priva di ragionevolezza e lesiva della possibilità di
conoscenza dell’atto da parte del destinatario la disciplina della consimile notificazione
a mezzo posta di cui all’art. 8 della legge n. 890 del 1982, dichiarandone l’illegittimità
costituzionale: (a) sia nella parte in cui non prevedeva che, in caso di rifiuto di ricevere
il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione
ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per
mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, fosse data notizia al
destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento del compimento
delle formalità descritte e del deposito del piego; (b) sia nella parte in cui prevedeva che
il piego fosse restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario,
dopo dieci giorni dal deposito presso l’ufficio postale.
A questo punto, dopo la declaratoria di illegittimità costituzionale, è intervenuto il
legislatore, che, con l’art. 2 del decreto-legge n. 35 del 2005, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005, ha sostituito, per quello che qui rileva, il
secondo ed il quarto comma dell’art. 8 della legge n. 890 del 1982, prevedendo che: (a)
se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo,
ovvero se l’agente postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o
per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è
depositato lo stesso giorno presso l’ufficio postale preposto alla consegna o presso una
sua dipendenza; (b) del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l’ufficio
postale o una sua dipendenza è data notizia al destinatario, a cura dell’agente postale
preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata
con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso
alla porta d’ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza
dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda; (c) l’avviso deve contenere l’indicazione del
soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore, dell’ufficiale
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giudiziario al quale la notifica è stata richiesta e del numero di registro cronologico
corrispondente, della data di deposito e dell’indirizzo dell’ufficio postale o della sua
dipendenza presso cui il deposito è stato effettuato, nonché l’espresso invito al
destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello
stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l’avvertimento che la notificazione si ha
comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito e che, decorso
inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l’atto sarà restituito al mittente; (d) la
notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera
raccomandata ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore.
Ne risulta un capovolgimento rispetto al sistema precedente, in cui era l’art. 8
della legge n. 890 del 1982 a prevedere una disciplina meno garantista per il
notificatario rispetto a quella apprestata, in presenza di analoghi presupposti di fatto,
dall’art. 140 cod. proc. civ., perché la notifica a mezzo posta si perfeziona, per il
destinatario, non con il semplice invio a cura dell’agente postale della raccomandata che
dà avviso dell’infruttuoso accesso, ma decorsi dieci giorni dall’inoltro della
raccomandata o nel minor termine costituito dall’effettivo ritiro del plico in giacenza. E
ciò, per di più, in un contesto nel quale la scelta della tipologia di notifica viene
effettuata da soggetti, l’ufficiale giudiziario ed il notificante, privi di qualsivoglia
interesse alla conoscibilità dell’atto da parte del notificatario: il solo notificante, infatti,
può richiedere all’ufficiale giudiziario di effettuare la notifica personalmente e, qualora
ciò non faccia, l’ufficiale giudiziario può, a sua discrezione, scegliere l’uno o l’altro
modo di notificazione (sentenza n. 346 del 1998).
5.3. ¾ Nell’attuale sistema normativo si è dunque verificata una discrasia, ai fini
dell’individuazione della data di perfezionamento della notifica per il destinatario, tra la
disciplina legislativa della notificazione a mezzo posta, dettata dal novellato art. 8 della
legge n. 890 del 1982 – dove le esigenze di certezza nella individuazione della data di
perfezionamento del procedimento notificatorio, di celerità nel completamento del
relativo iter e di effettività delle garanzie di difesa e di contraddittorio sono assicurate
dalla previsione che la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di
spedizione della lettera raccomandata informativa ovvero dalla data di ritiro del piego,
se anteriore – e la disciplina dell’art. 140 cod. proc. civ., nella quale il diritto vivente, ai
fini del perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario, dà rilievo, per
esigenze di certezza, alla sola spedizione della raccomandata, sia pure recuperando ex
post la ricezione della raccomandata, da allegare all’atto notificato, o in vista del
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consolidamento definitivo degli effetti provvisori o anticipati medio tempore verificatisi
(Corte di cassazione, Sezioni unite, 13 gennaio 2005, n. 458), o in funzione della prova
dell’intervenuto perfezionamento del procedimento notificatorio (Corte di cassazione,
Sezioni unite, 14 gennaio 2008, n. 627).
È evidente che la disposizione denunciata, così come interpretata dal diritto vivente,
facendo decorrere i termini per la tutela in giudizio del destinatario da un momento
anteriore alla concreta conoscibilità dell’atto a lui notificato, viola i parametri
costituzionali invocati dal rimettente, per il non ragionevole bilanciamento tra gli
interessi del notificante, su cui ormai non gravano più i rischi connessi ai tempi del
procedimento notificatorio, e quelli del destinatario, in una materia nella quale, invece,
le garanzie di difesa e di tutela del contraddittorio devono essere improntate a canoni di
effettività e di parità, e per l’ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla fattispecie,
normativamente assimilabile, della notificazione di atti giudiziari a mezzo posta,
disciplinata dall’art. 8 della legge n. 890 del 1982.
Deve pertanto essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 cod.
proc. civ., nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con
la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o,
comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 140
del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 111, primo e secondo
comma, 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale
ordinario di Bologna con l’ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 cod. proc. civ., nella parte in
cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della
raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi
dieci giorni dalla relativa spedizione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
l'11 gennaio 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
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Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 gennaio 2010.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
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